"Sto vivendo un sogno, la fine di un percorso lungo due anni: ci ho messo tutto me stesso in questo film, con i limiti e i pregi che la cosa comporta". E' un Silvio Muccino visibilmente emozionato quello che racconta il suo esordio in regia, Parlami d'amore, tratto dal libro omonimo firmato dall'attore insieme a Carla Vangelista, prodotto da Cattleya e nelle sale dal 14 febbraio per 01 distribution in oltre 500 copie. La storia è quella di Sasha, venticinquenne (come Muccino) cresciuto in una comunità di recupero a causa dei genitori tossicodipendenti, ora rimasto solo ad affrontare le insidie e le sorprese della vita: da una parte l'amore mai sopito per Benedetta (Carolina Crescentini), coetanea che non vede però da quasi vent'anni, dall'altra l'inizio di un rapporto d'amicizia con la quarantenne Nicole (Aitana Sánchez-Gijón), conosciuta dopo un incidente stradale. "L'amore - dice il regista/attore romano - può essere raccontato in maniera semplice, ma in realtà non è così: è un animale che ti costringe a metterti davanti allo specchio, che ti mette a nudo, lasciandoti senza difese. E credo che questa sia la cosa più difficile, fidarsi di qualcuno fino in fondo". E il problema della differenza d'età fra Sasha e Nicole? "Credo sia un fattore importante, ma secondario e contingente rispetto all'essenza della storia d'amore - spiega ancora Muccino - nata solo successivamente ai due personaggi, ideati con Carla Vangelista: Nicole non scappa da Sasha perché lui è più giovane, lei fugge dalla vitalità dell'amore perché abituata ormai alla sicurezza di un rapporto che però è altrettanto morto".  Ma il cuore del ragazzo, come detto, batte inizialmente per Benedetta, ragazza ricca bella e dannata: "Sono una dark lady nel film, dice Carolina Crescentini, ma non abbiamo cercato riferimenti particolari per costruire il personaggio, anche se personalmente ho trovato davvero utile rivedere la Ludivine Sagnier di Swimming Pool". Nessun riferimento o modello, ma citazioni sparse lungo l'intero racconto, come i frammenti de L'atalante di Jean Vigo (da anni utilizzato come sigla per "Fuori orario" su Rai 3): "Il film parla d'amore a 360° - spiega il regista - e gran parte di quello che so sull'amore l'ho imparato grazie al cinema: per questo, senza voler apparire arrogante in nessun modo, mi piacerebbe pensare che quella camminata sul ponte (Sisto, ndr) di Nicole e Sasha possa far pensare ai due protagonisti sugli Champs-Élysées di Fino all'ultimo respiro di Godard, così come la scena del pestaggio è girata davanti allo stesso muro dove Bertolucci diresse Jean-Louis Trintignant ne Il conformista". Cinema chiama cinema, fratello chiama fratello: "Ho un'ammirazione e una stima profonda per Gabriele - prosegue Muccino - e proprio per questo ho preferito non venisse mai sul set: ogni sua parola avrebbe certamente influito sul mio lavoro, del quale preferisco considerarmi responsabile in prima persona, nel bene o nel male".