Come vi siete incontrati?

Carlo: Volevo un partner inedito con cui condividere il mio film. E la scelta è andata su Antonio, attore che ammiravo da sempre, perfetto sia sul piano comico che su quello drammatico. Devo dire che è stato un ottimo compagno di lavoro e una splendida persona sul piano personale, sicuramente tra i migliori attori che io abbia mai avuto.

Antonio: Io e Carlo ci conosciamo da tempo. Un giorno è venuto a Milano, a casa mia, e mi ha proposto il film. Abbiamo pranzato e chiacchierato su questa possibilità. Stimandolo moltissimo e amando da sempre la sua comicità, mi piaceva l’idea di poter interagire con lui, di usare le sue caratteristiche che sono un po’ anche le mie, cioè una comicità molto corporea, non “solo” di battuta.

Verdone è satirico e morale, Albanese più grottesco e surreale. Come avete fuso queste due comicità?

Carlo: Quando sono andato da lui per illustrargli il progetto, gli ho detto che sarebbe stato un racconto assolutamente realistico nel quale però avrebbe trovato qua e là delle finestre in cui esprimere se stesso. Mi ha seguito e ogni tanto ha infilato delle cose sue che a me sembravano giuste perché davano un colore al suo personaggio e non stonavano mai. E’ venuto fuori un film realistico con spicchi di anima a là Forrest Gump. Sono due contrasti che funzionano bene. Abbiamo anche improvvisato molto, senza forzare e sempre cercando di dare all’insieme uno stile uniforme.

Antonio: La verità è che siamo anche due persone molto umili e oneste: cosa che ci ha permesso di adattarci, sfruttare e cogliere le caratteristiche che giustamente hai sottolineato. Trovare un’armoniale nella diversità è stata la cosa più stimolante. Scena per scena, abbiamo chiacchierato e condiviso il giudizio sviluppandolo insieme. Alla fine siamo anche diventati amici.

In Italia è raro vedere crossover artistici come il vostro.

Carlo: Sento sempre più l’urgenza di dare spazio agli altri: non mi diverto più se non sperimento, se sono solo sul set, se faccio il mattatore… l’ho già fatto! Spazio agli altri. In quest’ultimo cast penso non ci sia un attore sbagliato: finivamo ogni giorno puntuali alle 16! Ma perché avevo un direttore della fotografia che girava con due macchine contemporaneamente, io e Albanese non abbiamo sbagliato mai, alle 9 in punto iniziavamo a macinare, era un ingranaggio perfetto. Penso però che a stupire tutti sarà Anna Kasyan, una cantante lirica che aveva lavorato con me in Cenerentola: è lei la vera scoperta del film.

Antonio: E’ vero. Ha giocato un ruolo determinante in questo caso il desiderio di imparare: avevo a disposizione il più grande della commedia italiana, in assoluto: rappresentava un’opportunità irripetibile di alzare l’asticella della mia commedia grazie alla sua esperienza, il rigore, la lucidità straordinaria. Ci sono alcuni che non vogliono mai confrontarsi con la novità. Io no, ma io sono un pazzo.

La novità più grande di questo film?

Carlo: Viro un po’ sull’avventura rispetto ai miei precedenti. E poi, L’abbiamo fatta grossa secondo me ha una marcia in più: una grandissima eleganza, che viene dall’aver cercato di trovare una Roma inedita, a livello fisico.

Antonio: Sicuramente lavorare con Carlo.

Un pregio e un difetto dell’altro.

Carlo: Francamente, difetti non ne ho visti! Segue la linea del racconto e la sposa in pieno; fa bene quello che gli si dice e chiede con molta cautela quanto può variare sul copione. Insomma, Albanese è un gran signore, una persona molto colta, un personaggio interessante! Per questo alla fine, davanti a tutti, gli ho detto seriamente che è stato uno dei migliori attori con cui abbia mai lavorato.

Antonio: Il pregio è la sua meravigliosa umiltà. Se ha un difetto Carlo è forse quello di non essersi mai confrontato con ruoli drammatici a parte il film con Sorrentino. Secondo me sarebbe in grado di fare ruoli straordinari, una sorta di Borghese Piccolo Piccolo