Per avere 60 anni Tom Hanks è in ottima forma: schiva pallottole, corre sui sampietrini, cammina su travi pericolanti risalenti al 1300, mentre tutto intorno a lui è un agitarsi di forze pubbliche e segrete, doppiogiochisti e sicari. Il tutto sullo sfondo di una città dal fascino immortale come Firenze, set principale (con Venezia e Istanbul) del terzo adattamento di un romanzo di Dan Brown, Inferno, che uscirà in “666” copie con Warner, in prima mondiale, in Italia il 13 ottobre (negli Stati Uniti il 28) e che proprio a Firenze, al Teatro dell’Opera, sabato prossimo avrà la sua premiere di gala con il cast.

Cast che incontriamo in una delle tante suggestive location del film, la Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, dove si trova quell’incisione misteriosa (“Cerca trova”) sul dipinto del Vasari, La battaglia di Marciano, che costituirà il tormentone del film: “Quando ho saputo di questa misteriosa scritta nel dipinto di Vasari – racconta Brown – è iniziato il romanzo. E l’opportunità di ambientarlo in un museo a cielo aperto come Firenze era irripetibile”.

“Come regista non si potrebbe sperare in una città più bella di Firenze - dichiara Ron Howard, confermato al timone della saga -. Non c’è possibilità di inquadratura brutta qui. E poi conserva un senso di mistero. Tra i suoi vicoli rimangono vive domande ed enigmi.”

Senza svelare nulla del plot, si può anticipare che la città di Dante (citato a partire dal titolo), è il cuore di un piano terribile per decimare la popolazione mondiale, il cui numero esorbitante e in costante crescita viene ritenuto all’origine di tutte le guerre e le catastrofi ambientali: “Ma la minaccia più temibile non è la sovrappopolazione – interviene Tom Hanks - ma l’ignoranza. Oggi siamo a un bivio e abbracciare l’ignoranza è pericoloso. Sappiamo tutti che cosa è avvenuto in Medio Oriente negli ultimi anni, al modo in cui abbiamo cercato risposte semplicistiche a problemi complessi. Sembrerebbe che sia il caos a dominare il mondo ma se solo leggessimo qualche libro di storia sapremmo che sono stati diversi i momenti in cui l’uomo si è interrogato su questioni simili. Ci può essere un nuovo illuminismo solo se non smettiamo di porci costantemente domande”.

Un esercizio che il professor Langdon conosce a menadito: “Lui è intelligentissimo e io bravo a renderlo credibile. D’altra parte non potrei fare nulla di diverso: mi ci vedreste nel ruolo di un cattivo con una faccia così?”, scherza l’attore. Che si dichiara “fortunato, perché non ho mai sperimentato l’inferno nella mia vita, che è stata tutto sommato pulita. Certo, quei momenti in cui ti guardi allo specchio e ti chiedi che cosa stai facendo chi non li ha mai vissuti?”. Tuttavia, se si guarda alla situazione globale, ci si sta avvicinando pericolosamente secondo Hanks “all’inferno descritto da Dante“. Uno scenario appetibile solamente sotto il profilo cinematografico, come ammette Ron Howard: “Quello che mi affascinava all’inizio era la potenza visiva del poema di Dante: nel rileggerlo mi sembrava ci stesse dando un vocabolario e una spiegazione per tutti i film dell’orrore che erano stati fatti, una visione filosofica, culturale, politica. Il modo in cui quelle idee siano sopravvissute fino ad oggi mi sorprende. La mia personale idea di inferno? Che non si realizzi a pieno il potenziale di ogni minuto”.

Nel loro piccolo Howard ed Hanks hanno saputo ricreare un microcosmo felice all’interno del set, “dove ci si sentiva accolti”, come racconta Felicity Jones, una delle novità della saga insieme ad Omar Sy e Irfan Khan. “La mattina andavi a lavorare con voglia. Questo è stato un vero set internazionale, un incrocio di lingue e culture: questo intreccio è stato fondamentale – conclude la Jones – per cogliere quel senso di unità globale che pervade il romanzo e il film”. Omar Sy sottolinea invece l’importanza della “fiducia che si è instaurata tra le persone che hanno lavorato al progetto. Tutti ci rispettavamo, così si lavora meglio. Il mio personaggio? Sorprenderà perché una volta tanto non sorrido in continuazione, sono anzi piuttosto cupo”.