Che la Berlinale sia il più politico dei grandi Festival internazionali non è un segreto. Tuttavia non è mai una scelta facile decidere di mostrare il lavoro di un artista condannato in patria a non lavorare. Il nuovo film del regista iraniano Jafar Panahi, Taxi, girato in circostanze proibitive, apre il secondo giorno di concorso alla 65. Berlinale. A Panahi naturalmente è anche proibito di viaggiare all'estero. Quattro anni fa qui Berlino è stato membro della Giuria, assente. La Berlinale continua a invitarlo e, soprattutto a mostrare i suoi bellissimi film. Taxi è un atto silenzioso e ironico di protesta. Il Direttore Dieter Kosslick commenta così il contributo di Panahi alla 65 edizione del Festival: "La Berlinale dal 1951 lotta per la libertà dell'arte e di opinione e dedica ogni sforzo all'avvicinamento delle culture. Noi continueremo a invitarlo finché finalmente la sua sedia non verrà occupata“.
Nella sua nuova pellicola il regista guida un taxi per le strade di Teheran, non da attore ma da se stesso. Ma come ha fatto anche questa volta il regista a girare e soprattutto a mandare all'estero il suo film? Spiega Kosslick, "a Panahi è proibito di lavorare, non di muoversi liberamente. Questa volta è montato su un taxi, fissato due camere, una su di lui, una sull'ospite di passaggio, e ha raccontato la sua storia“. Sui dettagli di come la pellicola anche questa volta sia arrivata a Berlino, invece, non è dato di sapere di più. Qualcuno dei clienti lo riconosce. Panahi sorride, mostra Teheran, la metropoli così sorprendentemente moderna,  ma soprattutto la sua gente. I segreti di ognuno, le nevrosi, le debolezze, la bellezza. Il film è girato per il regista in una prigione, l'Iran, tuttavia lascia l'impressione che qualcosa di buono sia imminente.
Una scelta bella quella di presentare nel concorso un film come Taxi. Bella, appunto, non soltanto coraggiosa."Siamo convinti che Taxi darà il suo contributo al cambiamento di quel Paese“, così Kosslick. Due anni fa il cineasta a Berlino ha vinto l'Orso D'Argento alla sceneggiatura per Closed Curtains, un film rimasto nel cuore di tanti, su un regista agli arresti domiciliari.  I media iraniani all'estero reagiscono critici. "Un taxi illegale gira per le strade di Berlino“, ha scritto in un comunicato il conservatore dell'Istituto di Cultura Aviny. Un quotidiano nazionale iraniano ha scritto "è inaccettabile la sfacciataggine del Festival di Berlino“. Dimentica, quel giornalista che i premi, a Berlino, sono assegnati da una Giuria internazionale. E indipendente.