"Non avrei mai pensato di suscitare tanti problemi". Parola di Nabil Ayouch, nato nel 1969 a Parigi da famiglia marocchina, esordio nel 1997 con Mektoub, cui seguono altri titoli fra doc e tv Movie.  Il suo nuovo film, Much Loved, ci porta nella Marrakech di oggi: quattro donne (Noah, Randa, Soukaina, Hlima) fanno le prostitute, sono allegre e complici, portano scompiglio.

Già in cartellone alla Quinzaine di Cannes 2015, non ha potuto evitare il divieto di circolazione in patria da parte delle autorità marocchine, in quanto offensivo dei valori morali e della donna marocchina oltre che per l’immagine del Paese. La conseguenza è stata che l’autore vive oggi sotto scorta e gli attori hanno subito minacce. Da una richiesta di aggiornamento sulla situazione attuale parte la conversazione con Ayouch. “Dopo il premio a Cannes – dice - è partita una campagna di odio molto forte. Ho ritenuto giusto prendere una casa per le attrici e farle seguire da guardie del corpo. E’ stato un periodo difficile ma oggi va molto meglio. L’unico processo in corso è quello intentato al film da una associazione privata per pornografia. Il momento peggiore sembra essere passato”.

“Il cinema - aggiunge - è una forma espressiva che può suscitare il risveglio delle coscienze, ma non avrei pensato di arrivare a tanto, anche perché nessuno di chi è ostile ha in realtà visto il film. La percezione che queste donne hanno degli europei è la stessa che si ha in altre parti dl mondo: sono clienti, considerati tali per i soldi che portano e anche per certe umiliazioni che procurano.”  Delle quattro protagoniste, solo una è un’attrice professionista: “E’ stata una scelta voluta, perché nei quartieri popolari in cui sono cresciuto, sono stato a contatto con la prostituzione, e da qui sono partito per mettere insieme realismo e verità dei ruoli. Ho esaminato molte donne in fase di casting, e mi sono lasciato guidare dalla motivazione di ciascuna per il ruolo. Si trattava di aderire a gesti, portamenti, tonalità. Bisognava riuscire a rendere giustizia a queste donne”.

A proposito dell’argomento: “Sono consapevole del fatto che il sesso attrae, suscita attenzioni soprattutto se viene proibito, e questo i censori non lo considerano. All’indomani di queste polemiche, queste donne hanno cominciato ad essere cercate, intervistate, sono uscite dall’ombra, ora esistono.  Questo ha portato come conseguenza la scelta di molti di difendere il diritto del Marocco a vedere il film”.

Sulla situazione generale del Pese africano, Ayouch precisa: “Il Marocco di oggi con Re Mohamed VI garantisce libertà di espressione da 15 anni. Perciò mi ha sorpreso la messa al bando del film e bisogna lottare in tutti modi perché la libertà conquistata non venga persa. E del resto tutto parte non dallo Stato ma Ministero della Comunicazione che è un organismo politico”. Sulla lavorazione, tiene a precisare che: “I miei set sono chiusi e nessuno può entrare. Non ci sono stati problemi durante le riprese. Dopo Cannes spezzoni del film sono stati postati su YouTube e da lì sono cominciati i guai. Ero consapevole di disegnare personaggi femminili non convenzionali. Ma se avessi costruito figure povere, deboli e remissive, e non aggressive non avrei ottenuto lo stesso effetto. Il film è anche lo specchio della società marocchina tra pregi e contraddizioni. Queste donne si ribellano, esprimono sentimenti di solidarietà, hanno doti di umorismo e un forte legame con la famiglia”.

Ayouch conclude ribadendo la propria scelta per un cinema di apertura sul mondo, una passione per l’essere umano e ringraziando Valerio De Paolis, che distribuirà il film in Italia in 50 copie a partire da domani 8 ottobre con l’etichetta Cinema.