Jean-Luc Godard e Alberto Moravia. Brigitte Bardot e Michel Piccoli. Su di loro vigila Fritz Lang, qui attore che interpreta se stesso, “la coscienza del film”, come lo ha definito lo stesso Godard. Questi i punti cardinali del Disprezzo, caposaldo della Nouvelle Vague che Jean-Luc Godard realizza nel 1963 dal romanzo di Alberto Moravia (fonte inesauribile per il cinema dell’epoca), e che la Cineteca di Bologna porta nelle sale italiane da lunedì 6 febbraio, nell’ambito del progetto per la distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato. Al cinema. Un’occasione unica per vedere in sala il director’s cut del film, quella versione francese – ora restituita dal restauro di Studio Canal – mai uscita in Italia: Il disprezzo verrà infatti sconvolto dal produttore italiano Carlo Ponti, che ne cambierà il montaggio, sostituirà in blocco le musiche originali, e arriverà persino a tagliare una scena di nudo di Brigitte Bardot, prima tanto invocata dai produttori internazionali. “È un esempio supremo delle strade incomprensibili e paradossali che può prendere il presunto conflitto tra arte e industria”, racconta il direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli. “Che dire di un produttore che vuol fare il colpo grosso mettendo insieme il nuovo genio scontroso di Godard e la diva sexy Bardot e poi, una volta che si trova tra le mani uno dei film più lisci e strutturati dell’intera Nouvelle Vague, decide comunque di tagliarlo e rimontarlo, producendo un effetto di sconnessione, lasciando cadere sul pavimento della sala di montaggio l’unico ambito nudo della Bardot, e decidendo che la splendida musica di Georges Delerue non va e occorre riscriverla daccapo (provvederà l’incolpevole Piero Piccioni)? Il film che presentiamo è l’edizione originale di Godard”.

Dal romanzo al film

Il disprezzo è il nono romanzo di Alberto Moravia; è stato pubblicato nel 1954 e la sua prima traduzione francese è del 1955. Si svolge nel mondo del cinema italiano degli anni Cinquanta, è raccontato da uno scrittore di teatro-sceneggiatore, Riccardo Molteni, alle prese con un produttore, Battista, e un regista, emigrato tedesco, Rheingold. Il romanzo di Moravia diviene il pretesto per uno dei film più lineari e narrativi di Godard, dove il paesaggio mediterraneo e marino offre un sontuoso contrasto alla volgarità del milieu cinematografico e all’amarezza della fine di una coppia. Tra Cinecittà e una Capri dai colori irresistibilmente pop, Michel Piccoli lavora sul set di un improbabile adattamento dell’Odissea (l’aristocratico regista è Fritz Lang, che interpreta se stesso), mentre la moglie Brigitte Bardot è corteggiata dal produttore. “Il soggetto del Disprezzo – scrive Godard presentando il film sui “Cahiers du cinéma” nell’agosto del 1963 – sono delle persone che si guardano e si giudicano, per poi essere a loro volta guardate e giudicate dal cinema, rappresentato da Fritz Lang che interpreta se stesso; insomma, la coscienza del film, la sua onestà”.

B.B. e Michel Piccoli

Come scrive Antoine de Baecque nella sua biografia di Godard, “Brigitte Bardot è il corpo di donna più celebre al mondo, ma pochi la considerano ancora come un’attrice”. Quella del Disprezzo è la miglior chance che si possa presentare alla Bardot per emanciparsi “dal destino delle stelle filanti. Godard gioca perfettamente questo ruolo perché, se non dovesse rimanere che un solo film della Bardot, questo sarebbe evidentemente Il disprezzo. Sceglie di dirigerla non come una starlette, né come un personaggio autonomo o un’attrice, ma come se lei incarnasse, di fatto, la stessa B.B.. La Bardot, nel Disprezzo, somiglia alla propria statua”. Godard aveva già scoperto il talento di Michel Piccoli vedendolo recitare in Raffiche sulla città di Pierre Chenal, nel 1958. Lo vuole fortemente per Il Disprezzo, perché aveva bisogno “di un ottimo, un magnifico attore. Ha un ruolo difficile e lo recita benissimo”.

I luoghi: la villa di Curzio Malaparte

Le riprese ebbero luogo dal 22 aprile all’8 luglio del 1963: “Tutti gli ambienti del film sono reali”, ricorda Michel Marie nel suo volume Le Mépris. Jean-Luc Godard. “Gli studi deserti di Cinecittà sono in effetti quelli della Titanus qualche giorno prima della loro demolizione. La villa di Capri è quella di Curzio Malaparte, all’epoca sigillata perché lo scrittore, suscitando il furore della sua famiglia legittima, l’aveva donata in eredità al governo della Cina popolare per accogliervi gli scrittori cinesi in pensione”.