“È stata una vera sfida, un’esperienza che mi ha cambiato la vita, che volevo fare da anni. Senza contare che parliamo di un romanzo fondamentale: dopo aver letto l’adattamento ho pianto, poi essere padre di quattro figlie è una cosa che mi ha coinvolto maggiormente”. Ewan McGregor arriva in Italia per presentare la sua opera prima da regista, American Pastoral, che Eagle Pictures porterà nelle sale dal 20 ottobre in circa 200 copie, con anteprime già sold out questa sera al Cinema Barberini di Roma.

Tratto dall’omonimo capolavoro letterario che nel 1998 valse il premio Pulitzer a Philip Roth (autore che con questo film è stato trasposto sette volte sul grande schermo), American Pastoral – scritto da John Romano – è interpretato dallo stesso Ewan McGregor, con Jennifer Connelly e Dakota Fanning e racconta la storia di Seymour Levov detto “lo Svedese”, un uomo che ha avuto tutto dalla vita: carisma, bellezza, soldi, una moglie ex Miss New Jersey e una bambina adorabile, Merry. Sarà proprio quest’ultima, però, una volta adolescente, a mandare in frantumi l’idillio del Sogno Americano che suo padre era riuscito fino a quel momento a realizzare.

“Il film esplora un periodo della storia relativo al radicalizzarsi della protesta contro la generazione dell'American Dream, i figli del dopoguerra, e affronta questo scontro generazionale. Ci può essere somiglianza con l’attualità del terrorismo ma di certo non era voluto”, spiega ancora Ewan McGregor, che sull’esperienza da regista aggiunge: “Come attore, per 25 anni ho lavorato con tanti cineasti, ognuno diverso dall’altro, e ho avuto così la possibilità di notare molti modi differenti di affrontare il lavoro. Esordire dietro la macchina da presa mi ha permesso poi per la prima volta di avere scambi continui con lo sceneggiatore e a seguire con tutti i comparti della produzione. Oltre naturalmente ad avere la possibilità di scoprire i retroscena che prima, come attore, mi erano negati, come gli eventuali dissidi tra la troupe. E questo mi ha fatto capire quanto, in fondo, il lavoro del regista sia prima di ogni cosa un lavoro gestionale”.