“Fui il primo a fargli un’intervista dopo il suo arrivo a Milano, e mi mise in imbarazzo per come ascoltava una riserva come me”. Parola del maestro Ermanno Olmi, che questa sera, proiezione a  inviti, porta in Duomo vedete, sono uno di voi, il documentario che ha dedicato a Carlo Maria Martini, già arcivescovo di Milano.

Scritto con Marco Garzonio, il film targato Istituto Luce Cinecittà, che lo porterà in sala a metà marzo, e Rai Cinema ne ripercorre la vita alla luce degli accadimenti storici, dal nazifascismo al terrorismo degli anni di piombo, da Tangentopoli alla crisi del lavoro, in cui si è inserita: Martini ha dato senso a smarrimenti e inquietudini della gente, che in lui ha visto un punto di riferimento per credenti e non credenti.

“All’inizio ho avuto un certo timore, perché avevo fatto E venne un uomo, su Papa Giovanni XXIII e all'epoca venne accolto con benevolenza, ma senza entusiasmo”, dice Olmi, sottolineando come all’arrivo a Milano Martini non sapesse “che cosa fosse una lettera pastorale, perché era un uomo di scienza. Ma ha subito capito che essere un uomo che compie i suoi passi sulle strade dell’umanità in quel momento era più importante di ogni altro libro”.

Se “la storia è maestra di vita, ma bisogna aiutarla a esprimersi questa maestra, farle capire che la ascoltiamo”, il regista di Treviglio stigmatizza come “l’idea del progresso è stata legata a uno sviluppo che portava ricchezza: bene, non ci siamo arrivati alla ricchezza e nemmeno a traguardi più nobili. Per rincorrere la ricchezza siamo diventati poveri, la democrazia è diventata un mascherone: oggi tutti si vantano di essere paesi democratici, ma questa democrazia fasulla fa più male di un nemico a viso aperto, perché copre le nostre vigliaccherie. Bisogna voler bene alla democrazia, è un patrimonio di tutti e per tutti; non bisogna lavorare per il popolo, ma con il popolo. Voi siete pronti a sottoscrivere questo impegno?”.

Quattro anni e mezzo di lavoro per realizzarlo, vedete, sono uno di voi – “Tutti i maiuscoli mi danno un po' fastidio”, spiega l’85enne cineasta – dribbla “il rischio che gli uomini di cultura parlino di cultura senza avere cultura per capire la cultura” e – aggiunge Garzonio – “laddove oggi prevale la cultura del sospetto ritrova la cultura del seme di senape che era di Martini. La domanda, costante, è: e tu che cosa fai?”.

Detto che “la presunzione è la crosta della stupidità di chi si sente superiore”, Olmi esorta a “creare insieme prospettive di futuro, se no saremo uomini di democrazia passiva: un peccato terribile”. Nel doc usa la sua stessa voce “perché voglio parlarvi direttamente, senza un mediatore pur con una bella voce. Io con la mia voce roca, con la mia povertà culturale, ma l'importante è che sia onesto”.

Dispensando aforismi – “Per essere veri dottori bisogna dimenticarsi di essere dottori, anziché esporre il biglietto da visita”, “Le persone che sanno tutto non sanno di sapere niente” e “Sapeva veramente tutto, ma solamente quello” – e saggezza – “Quante lezioni si possono imparare dalla vita, in certi momenti la cultura accademica ha bisogno di convivere con la cultura ingenua degli ignoranti – Olmi conclude: “Porsi in ascolto vuol dire già indagare”.