“Sentimenti di vendetta? Anche ora. A parte gli scherzi, tutti avremmo voglia di pareggiare sempre i conti, ma credo che molto spesso basterebbe tendere la mano piuttosto che vendicarsi”. Denzel Washington è The Equalizer – Il vendicatore, nelle sale dal 9 ottobre per Warner Bros., e ritrova in regia Antoine Fuqua tredici anni dopo Training Day: “Torno spesso a lavorare con gli stessi registi, con Tony Scott è successo cinque volte, con Spike Lee quattro volte, è un beneficio reciproco”, dice l'attore, che proprio al compianto Tony Scott deve molto: “Era un grande amico e un grande cineasta, con cui amavo lavorare. Mi manca molto, avrò sempre un bel ricordo di lui e sono ancora molto triste per il modo tragico in cui se n'è andato”.

Gran lavoratore, solitario, metodico, Robert McCall (Washington) è un uomo che crede di essersi lasciato alle spalle un passato torbido: la sua vita tranquilla viene investita però quando la giovane prostituta Teri (Chloë Grace Moretz) viene picchiata selvaggiamente da alcuni malavitosi russi: l'uomo esce da quel letargo imposto e rispolvera doti del tempo che fu. Per aiutarla, per saziare la sua fame di giustizia. “Come tutti noi, il personaggio ha dei problemi: è solo, e come risposta al suo caos interiore cerca, in maniera compulsiva, di mettere in ordine tutto ciò che lo circonda: a muoverlo però è il suo cuore buono, e si capisce anche dal modo in cui cerca di aiutare il collega di lavoro a perdere peso”, dice ancora Washington, che ammette di non guardare molto cinema (“preferisco vedere lo sport, o la CNN”) e che sulla questione USA vs. Russia si trincera abilmente dietro un incontrovertibile “è solo un film”.
Quello che conta è il mestiere: “Lo prendo molto sul serio, a differenza di quanto faccio con me stesso. Voglio un fare un buon lavoro perché spero sempre che la gente riesca a godere di un bello spettacolo quando va al cinema, visto che oggi come oggi non è facile nemmeno trovare i soldi per andarci”. Pubblico al quale Denzel Washington lascia sempre l'ultima parola: “Saranno gli spettatori a decidere se questo film avrà un sequel, non io né lo studio. Se il pubblico deciderà per il sì, allora poi sarò io a decidere. E dipenderà tutto dalla bontà dello script”.
Anche se, va detto, alcune volte l'attore non è stato poi così lungimirante: “Ho rifiutato un paio di sceneggiature che invece poi si sono rivelati grandi successi. Una era quella di Seven, mi sembrava troppo macabra, ma poi Fincher fece un gran film. L'altra era quella di Michael Clayton, non mi fidavo del fatto che fosse un'opera prima. Ma anche lì Tony Gilroy mi smentì con i fatti…”.
Da Training Day a The Equalizer: che cosa è cambiato? “Parecchio, visto che lì ero il cattivo. E il cattivo si diverte di più, può fare tutto quello che vuole, dire quello che gli pare. Inizialmente il personaggio non doveva morire, ma io ho preteso che se avessi dovuto farlo ‘vivere' nel modo peggiore, allora era anche giusto che morisse nella maniera peggiore possibile”.
Buono sì, ma il McCall di The Equalizer non si fa certo parlar dietro per la varietà di soluzioni con cui riesce a far fuori il nemico di turno, e la scena finale nell'Home Mart è lì a dimostrarlo: “Molte di quelle cose che si vedono sono nate grazie al sopralluogo del regista con lo stuntman in quel grande magazzino. Ogni cosa che trovavano decidevano di usarla come arma…”.

Ma, come ricorda lo stesso Fuqua, “fu proprio Denzel a chiamarmi per dirmi di dirigere il film. Aveva letto lo script e già aveva idea del suo personaggio: ne abbiamo parlato a lungo, lui ha aggiunto delle cose, come il fatto di radersi a zero o le manie ossessivo-compulsive, o la meticolosità nel modo di prepararsi il tè. Piccoli dettagli, che hanno finito per completare la caratterizzazione del personaggio”.
Ancora una volta, in un suo film, ci sono poliziotti corrotti: “Non amo le istituzioni. Mi piacciono i poliziotti ma non mi piace chi abusa del proprio potere. I poliziotti che girano per strada hanno fatto un giuramento e molto spesso li vedi fare il contrario: ogni volta che posso cerco di enfatizzare questi aspetti”, spiega Fuqua. Che non nasconde una profonda ammirazione per il cinema di Sergio Leone e svela: “Ogni volta che mi sento depresso a Hollywood rivedo Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore, perché ripenso a quand'ero bambino nei sobborghi di Pittsburgh e mi rintanavo nei cinema per sfuggire a quello che mi circondava”. Pittsburgh, Los Angeles (Training Day) e Boston, dove è ambientato The Equalizer: “Boston è già di per sé un gran personaggio, non è una città molto grande ma nasconde molti segreti.
Boston è la città dell'istruzione, di Harvard, ma anche degli operai: la città dove trovi la mafia irlandese, quella italiana e quella russa”. Centrale, quest'ultima, nel racconto del film, con tanto di boss dal nome vagamente familiare: Vladimir Pushkin. “In origine il nome sulla sceneggiatura era diverso. Lo abbiamo modificato per cercare una certa assonanza…”, dice il regista, che però non vuole sentire parlare di echi reaganiani o film sulla nuova Guerra Fredda: “La mafia russa esiste davvero, come è vero che i rapporti tra Stati Uniti e Russia, ultimamente, non siano dei migliori”. Sempre più saldo, invece, il legame tra lui e Denzel Washington: “Anche il prossimo film lo faremo insieme, sarà un western, il remake de I magnifici sette”.