Solo chi cade può risorgere. E quella di Sze-To, ex judoka di grande livello, è una vera caduta libera. Invece di passare il tempo ad allenare corpo e mente, preferisce auto-distruggersi abusando di alcool e cattivi pensieri. Il passato è passato, il presente lo vede dirigere un sordido locale notturno e districarsi tra debiti di diversa natura: morali, nei confronti dell'antico maestro judoka, materiali verso il boss che gli finanzia il locale. Non resta che vivere di espedienti, di scommesse, piccoli furti, almeno fino a quando non si imbatte in una ragazza che sogna di diventare cantante, e in un giovane che vede ancora in lui l'atleta di un tempo. In mezzo a loro, mafiosi da quattro soldi, maestri di judo buoni e cattivi, umanità varia. Inutile dire come andrà a finire, lo si capisce sin dalla prima inquadratura, ma il già visto non guasta la festa di un film pieno di vita, ironico, divertente. A Hong Kong come nel resto del mondo, il sogno a lungo accarezzato può concretizzarsi giusto un attimo prima di crederlo impossibile. Scelto per aprire la sezione "Orizzonti", Rudao Longhu Bang di Johnnie To sarebbe un film identico a tanti altri se non lo attraversasse una vena di poetica follia. E i personaggi sono scontati eppure riservano tutti una sorpresa, lasciandosi amare anche quando crudeli. Il merito, persino scontato dirlo, va tutto a Johnnie To, apprezzato autore di pellicole ad alto tasso di arti marziali sulla cresta da oltre venticinque anni. La regia è fluida e avvolgente, improvvisamente resa adrenalinica da scatti di stile degni del genere. La fotografia curata e arricchita da forti contrasti nei quali l'effetto neon la fa da padrone. La sceneggiatura capace di strappare più di una risata. Vien quasi da pensare che Rudao Longhu Bang sia stato scelto per strizzare l'occhio alla retrospettiva "Italian Kings of the B's". Hong Kong-Venezia, via Cinecittà.