Il 4 luglio 1954 la nazionale di calcio tedesca conquistò il titolo di campione del mondo con il risultato di 3 a 2 contro l'Ungheria. La vittoria assunse all'epoca un importante valore simbolico per la Germania e per il suo popolo che, reduce dalla caduta del Terzo Reich e grande sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, viveva isolato a livello internazionale ed era moralmente a terra. La grandiosità dell'impresa - passata alla storia come Il miracolo di Berna - rivive oggi nell'omonimo film di Sonke Wörtmann (in uscita nelle sale l'11 giugno distribuito dalla Eagle), vincitore del premio del pubblico al festival di Locarno e campione d'incassi in Germania, dove ha incassato oltre 30 milioni di euro. "L'idea di girare questo film mi è venuta 15 anni fa quando ancora frequentavo l'università - racconta il regista, oggi a Roma -. Lessi un libro intitolato Ragazzi il cielo è vostro nel quale si raccontava che in quegli anni gli allenatori in trasferta per avvertire il proprio paese di un goal si servivano di piccioni viaggiatori. All'epoca il calcio non era un business e per molti giocatori rappresentava una seconda attività, alcuni erano addirittura costretti a prendersi le ferie e ottenevano soltanto un risarcimento spese dalle rispettive Federazioni. Quella vittoria regalò ai tedeschi  la speranza di un futuro dopo la guerra". Alla cronaca di quell'evento, tutt'oggi carico di enorme significato per i tedeschi, si mescola la storia più intima e familiare del piccolo Matthias (Louis Klamroth) e di suo padre Richard (Peter Lohmeyer), ex nazista reduce da un campo di prigionia russo. Il ragazzo è un grande appassionato di calcio e conosce personalmente il capitano della nazionale, Helmut Rahn (Sascha Goepel), per lui non solo un mito, ma il papà che non ha mai avuto. Ecco allora, che la vittoria della nazionale segna non solo la rinascita del Paese, ma anche l'amore di un padre per un figlio e viceversa. "Il film non è che un pretesto per raccontare la vita e le emozioni della gente negli anni Cinquanta - spiega il regista - soprattutto la figura del padre, un uomo che torna in un mondo in cui i valori della famiglia sono cambiati e che incontra molte difficoltà ad adattarsi al dopoguerra. Io stesso - prosegue - ho vissuto sulla mia pelle il conflitto generazionale di quegli anni. In prima persona ho accusato mio padre di essere tra coloro che si erano resi responsabili della Seconda Guerra Mondiale e pensavo che quelli che avevano sofferto nei campi di prigionia in Russia lo avessero meritato. Poi sono cresciuto e ho realizzato che molti di loro non erano che ragazzini". Il miracolo di Berna è costato circa 8 milioni di euro e tra i produttori c'è lo stesso regista. "Nel film compare anche il fondatore dell'Adidas al quale spetta il merito di aver inventato le scarpe con i tacchetti morbidi - racconta Wörtmann -. Per questo avevo chiesto all'azienda di partecipare alle spese del film, ma mi hanno risposto di no". L'Adidas ha tuttavia vestito da capo a piedi gli attori "scesi in campo". "Da quando il film è diventato un grande successo in Germania ogni due mesi ricevo un paio di scarpe nuove".