Underground

GERMANIA 1995
Nel 1941, a Belgrado, il "compagno" Marko - che insieme all'ingenuo e impetuoso Blacky si destreggia con scaltrezza contro i nazisti - accoglie alcuni rifugiati nello scantinato del nonno e li convince a fabbricare armi e altri prodotti destinati al mercato nero. Del gruppo fanno parte anche il giovane fratello di Marko, Ivan, e la moglie di Blacky, Vera, che muore dando alla luce un figlio, Jovan. Due anni dopo Blacky si esibisce nella più spettacolare delle sue azioni assaltando un teatro per rapire la giovane attrice di cui è follemente innamorato, Natalija. Arrestato da Franz, il protettore nazista della donna, Blacky sopporta orribili torture prima che Marko lo liberi per nascondere anche lui nello scantinato. Certo dell'assoluta fedeltà di Blacky, Marko non esita a tradirlo seducendo Natalija. Nel 1944 finisce la guerra: mentre nel sottosuolo si continuano a fabbricare armi, la Jugoslavia soccombe a un altro miraggio: il culto del dittatore Tito. Marko emerge come esponente del regime e Natalija diventa un idolo delle masse, mentre Blacky, che tutti credono morto, è onorato dalla nazione come eroe della Resistenza. La macchinazione viene scoperta nel 1961, durante il matrimonio di Jovan con Jelena, quando Natalija, ubriaca, rivela a Blacky il suo amore per Marko e l'inganno dell'amico. Blacky dà una pistola a Marko che inscena un simbolico suicidio, sparandosi alle gambe. Poi un'esplosione accidentale apre nello scantinato uno squarcio verso l'esterno. Emersi dal sottosuolo, Blacky e Jovan si trovano davanti un gruppo di nazisti. Blacky comincia a sparare all'impazzata, ignaro di essere capitato sul set di un film sulla sua vita, basato sui racconti fittizi di Marko. Mentre questi fugge insieme a Natalija attraverso il dedalo di tunnel che collegano le capitali d'Europa, Jovan annega nel Danubio inseguendo il miraggio della moglie. Nel 1991, dopo un lungo internamento in un ospedale psichiatrico, Ivan viene a sapere della macchinazione del fratello e del nuovo dramma della Jugoslavia. Servendosi della vecchia rete di tunnel torna in Slavenia dove Blacky dirige un commando militare. In un villaggio distrutto, Ivan si imbatte nel fratello, sempre coinvolto in discutibili traffici. Accecato dalla rabbia, Ivan lo picchia e poi, convinto di averlo ucciso, si impicca nel campanile di una chiesa. Sarà un anonimo soldato ad uccidere Marko e Natalija, mentre Blacky ne scoprirà i cadaveri illividiti. Tornato nello scantinato ormai abbandonato da trent'anni, Blacky, seguendo la voce del figlio morto, annega nel dedalo dei tunnel che sfociano sul Danubio, sulle cui rive "ritrova" con gioia tutte le persone, amate e disprezzate, che ha conosciuto in vita. Ora, nella morte, non c'è più rancore. Si beve e si balla tutti insieme, mentre un lembo di terra su cui tutti si trovano, si stacca dalla tormentata madrepatria.
SCHEDA FILM

Regia: Emir Kusturica

Attori: Miki Manojlovic - Marko Dren, Lazar Ristovski - Blacky, Mirjana Jokovic - Natalija Zovkov, Slavko Stimac - Ivan, Ernst Stötzner - Franz, Srdjan Todorovic - Jovan, Mirjana Karanovic - Vera, Milena Pavlovic - Jelena, Danilo 'Bata' Stojkovic - Nonno, Bora Todorovic - Golub, Davor Dujmovic - Fratello di Natalija, Branislav Lecic - Mustafa, Dragan Nikolic - Regista del film, Erol Kadic - Janez, Predrag Zagorac - Tomislav, Hark Bohm - Dottor Strasse, Petar Kralj - Dottor Mirkovic, Emir Kusturica - Trafficante d'armi, Pierre Spengler - Autista russo

Soggetto: Dusan Kovacevic - romanzo e opera teatrale, Emir Kusturica - opera teatrale

Sceneggiatura: Dusan Kovacevic

Fotografia: Vilko Filac

Musiche: Goran Bregovic

Montaggio: Branka Ceperac

Scenografia: Miljen Kreka Kljakovic

Arredamento: Aleksandar Denic

Costumi: Nebojsa Lipanovic

Effetti: Roman Tudjarov, Petar Zivkovic, The Computer Film Company

Altri titoli:

Bila jednom jedna zemlja

Il était une fois un pays

Once Upon a Time There Was a Country

Durata: 192

Colore: C

Genere: DRAMMATICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICA (1:1.78)

Tratto da: romanzo "Bila jednom jedna zemlja" e opera teatrale "Prolece u januaru" di Dusan Kovacevic; opera teatrale di Emir Kusturica

Produzione: CIBY 2000, KOMUNA FILM, PANDORA

Distribuzione: CECCHI GORI DISTRIBUZIONE - CECCHI GORI HOME VIDEO - DVD CECCHI GORI (2002); DVD E BLU-RAY: LUCKY RED HOME VIDEO

NOTE
- PALMA D'ORO AL FESTIVAL DI CANNES (1995).

- LA SCENEGGIATURA DEL FILM, BASATO SU UN DRAMMA DI DUSAN KOVACEVIC, E' STATA MODIFICATA PER ADATTARLA ALLE VICENDE DEL CONFLITTO JUGOSLAVO.
CRITICA
"Se è nella seconda parte del film che esce più chiaro l'attacco di Kusturica alla cultura del suo stesso paese, che ostinatamente per lui resta la Jugoslavia, è nella prima che il film allinea le immagini più memorabili: lo zoo di Belgrado distrutto dalle bombe, con gli animali che si aggirano tra le rovine, la vita quotidiana nel sotterraneo, il fescennino nuziale al suono di un'orchestra tzigana che intreccia ai ricordi felliniani, un omaggio a L'Atalante (che è anche una autocitazione da Il tempo dei gitani): mentre nel mondo di sopra Lili Marleen e la Sinfonia "Dal nuovo mondo" accompagnano le immagini di repertorio - qualche volta abilmente trattate, e perché no?, visto che la realtà è manipolazione - della storia ufficiale. Ancora una volta Kusturica dice e nega insieme: l'emozione prodotta dalle sequenze del treno che porta la bara di Tito attraverso il Paese, dalla disperazione popolare, dai grandi della terra a lutto (c'è il nostro Pertini, Hussein, una solitaria Thatcher) ci comunica il rimpianto per l'uomo che era riuscito a tenere insieme il mondo balcanico - guarda caso lo stesso che ha inventato il sotterraneo jugoslavo. E' in questa dialettica che si riassumono l'ambiguità e la sincerità di Underground. E anche se dai film di Kusturica si esce stremati e coi timpani a pezzi, sarebbe una vera perdita se gli attacchi di cui è stato vittima lo convincessero a lasciare per sempre il cinema." (Irene Bignardi, 'La Repubblica', 22 dicembre 1995).

"Sulla recitazione spericolata di Miki Manojlovic (Marco, un grande attore che è stato con Peter Brook), di Lazar Ristvski Blacky e dell'ambigua Mirjana Jokovic l'autore sintetizza in termini di triangolo amoroso la violenza di una tragedia storica senza preoccuparsi dei tempi, degli equilibri drammaturgici, delle omissioni e delle ripetizioni. Da questo film senza tregua si esce come da una sbornia balcanica accaldati, eccitati, vulnerati, fra il pianto e il riso. E con il cuore che batte furiosamente a significare, contro ogni evidenza geopolitica, che anche per la ex Jugoslavia finché c'è vita c'è speranza." (Tullio Kezich, 'Il Corriere della Sera', 24 dicembre 1995)