Tutta colpa del Paradiso

ITALIA 1985
Romeo Casamonica è un giovane di circa 30 anni che, dopo aver trascorso cinque anni in carcere per rapina a mano armata, torna in libertà. Ad attenderlo fuori non c'è nessuno, parenti ed amici non ne ha, la moglie tedesca Gertrude, dalla quale ha avuto un figlio, Lorenzo, se ne è tornata in patria lasciando il bambino in balìa di se stesso. Anche la casa di Romeo non esiste più, poiché gli è stata requisita e i suoi mobili sono stati ammucchiati in uno scantinato diventato squallida abitazione di punk poco rassicuranti. Quindi il nostro Romeo non ha altri pensieri che ritrovare il figlio adottato da una giovane coppia. L'assistente sociale lo tratta molto male, giudicandolo un delinquente incallito al quale è imprudente dare fiducia. Non gli rivela il nome dei nuovi genitori di Lorenzo, ma Romeo, con uno stratagemma, lo scopre da solo. Sa che la famiglia si trova in Val D'Aosta, in una baita chiamata Paradiso. Vi si reca immediatamente; riesce a conquistarsi la fiducia dei due giovani coniugi, Celeste e Alessandro, lei molto bella e disponibile, lui simpatico, appassionato della natura e degli animali. E' infatti un ricercatore, uno studioso del comportamento dello stambecco bianco che sembra non voler farsi mai vedere da lui. Romeo conosce Lorenzo, si fa voler bene ma non rivela né a lui né ai suoi genitori adottivi la sua vera identità. Capisce infatti che ormai quella è una famiglia felice, che il bambino vi può crescere bene circondato da ogni cura ed affetto. Lui, Romeo, non può certo offrirgli di più. L'assistente sociale, però, è sulle sue tracce e, arrivata fino alla baita Paradiso, rivela a Celeste e ad Alessandro l'identità di Romeo e li mette in guardia sulla sua pericolosità. La coppia non denuncia Romeo, poiché sanno che non è affatto un delinquente, bensì un uomo che ha sofferto e che non ha nulla al mondo. Romeo però alla fine se ne va per la sua strada; si stacca a malincuore dal bambino che gli si è attaccato profondamente e dai suoi due nuovi genitori Alessandro e Celeste; a quest'ultima si accorge di cominciare ad affezionarsi troppo. Parte da quella casa verso l'ignoto, verso la solitudine, verso una nuova vita.
SCHEDA FILM

Regia: Francesco Nuti

Attori: Francesco Nuti - Romeo Casamonica, Ornella Muti - Celeste, Roberto Alpi - Alessandro, Marco Vivio - Lorenzo, Laura Betti - La direttrice dell'istituto, Marco Vivio - Il piccolo Lorenzo, Novello Novelli - L'albergatore, Bobby Rhodes - Sonny, Silvia Annichiarico - Wanda, Alessandro Partexano - Mario, Patrizia Tesone - La guardiana

Soggetto: Giovanni Veronesi, Vincenzo Cerami, Francesco Nuti

Sceneggiatura: Francesco Nuti, Giovanni Veronesi, Vincenzo Cerami

Fotografia: Giuseppe Ruzzolini, Maurizio Calvesi - operatore

Musiche: Giovanni Nuti

Montaggio: Sergio Montanari

Scenografia: Francesco Frigeri

Arredamento: Francesco Frigeri

Costumi: Nicoletta Ercole

Durata: 102

Colore: C

Genere: COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: GIANFRANCO PICCIOLI PER UNION PN, MARIO E VITTORIO CECCHI GORI PER C.G. SILVER FILM

Distribuzione: CEIAD - COLUMBIA TRISTAR HOME VIDEO, CECCHI GORI HOME VIDEO

CRITICA
"Probabilmente consapevole dell'esilità del racconto Francesco Nuti ha voluto rafforzare lo spettacolo chiedendo a Ornella Muti di fargli da partner. Non è stato un errore. Benché in un ruolo che poco le si addice, e fin troppo consapevole della propria venustà l'attrice dà un tocco di magia, con la sua bellezza, a una favola che fin dall'inizio, in uno scantinato abitato da barboni-punk, si era negata ogni verosimiglianza. Gli altri sono Roberto Alpi, nei panni dello zoologo, Laura Betti che caratterizza efficacemente la direttrice dell'istituto, e un colorito gruppetto di valligiani fra cui spiccano Novello Novelli e Silvia Annichiarico." (Giovanni Grazzini, 'Il Corriere della Sera', 21 dicembre 1985)

"Se si toglie qualche macchietta di paese e di osteria, visitata con quell'umorismo soave, furbo e svagato che è proprio di Nuti e della sua nutaggine (ma nella colonna dell'attivo bisogna iscrivere la pantomina vocal-musicale del concertino, senza strumenti), l'azione si condensa sul quartetto dei personaggi principali, e più ancora sui duetti tra Nuti e Muti, fatti più di sguardi che di parole, di lusinghe, ora insinuanti ora impacciate più che di approcci. Nella sua coerente pratica della commedia malinconica - impasto di comicità e malinconia, come la chiama un critico di Torino - Nuti è così discreto che si concede soltanto un bacio, seppur lungo e svariante, con la sua soffice partner che ha un nome emblematico, come dicono in tv: Celeste. Non so se per scelta o per incapacità (anche stavolta, nonostante l'apporto di Cerami, la debolezza del film è, nel copione), Nuti evita gli impegni e gli scogli della psicologia per puntare su un lirismo soffuso di stampo ecologico, su una vaghezza sentimentale che specialmente nella labile e strascicata prima parte dopo il colorito prologo carcerario, è sempre in bilico sul sentimentalismo, reso ancor più infetto dalla retorica bucolica delle alte vette. Su chi va in montagna incombono i rischi dell'angelismo." (Morando Morandini, 'Il Giorno', 21 dicembre 1985)

"A differenza di 'Casablanca', forse, non è questa la regìa di Nuti che più mi convince, ma mi trova invece consenziente fino in fondo il suo modo di recitare, la sua sincerità totale e, nello stesso tempo, la sua sapienza nel costruirsi ed inventarsi; con modi ed accenti ora tutti umanissimi ora, appunto, una nota sopra la realtà e la cronaca, quasi alla stregua di un 'Pierrot lunaire'. Seguite le sue pantomime (mi ha ricordato Barrault e Marceau), ascoltate il suo parlar dentro, senza nessi né logica, verificate le sue altalene fra umorismo e rassegnazione (tra farsa e dolore, addirittura) e non potrete fare a meno di riconoscere che, forse più di prima, in lui il cinema italiano ha un attore di qualità straordinarie. La replica al suo fianco, questa volta, gliela dà Ornella Muti, una diva che mi piace, un'attrice che, specie quando le fa scuola Marco Ferreri, arriva a trovare giusti spazi. Qui, ad esser proprio sincero, questi spazi non mi sembra che li trovi. Ma mi consolano i suoi occhi." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 20 dicembre 1985)