Porcile

ITALIA 1969
Due storie parallele, una arcaica e l'altra moderna. Nella prima un giovane che vive isolato alle falde di un vulcano, nutrendosi famelicamente di rettili, insetti e sterpi, incontra un soldato, lo uccide e lo mangia. Improvvisamente altri sbandati si uniscono a lui e insieme continuano a vivere da cannibali, tra l'altro assaltando, violentando e squartando un gruppo di ragazze. Ma la società invia dei guerrieri a catturarli e li condanna a morte. Nella seconda il giovane figlio di un ricco industriale tedesco disdegna le profferte amorose della fidanzata perché invischiato in rapporti con dei porci; inoltre rifiuta sia di aderire alla contestazione sia di interessarsi dell'azienda paterna. Il padre, frattanto, tenta di eliminare col ricatto un concorrente dopo aver scoperto che si tratta di un ex criminale nazista, ma questi lo minaccia di rivelare le anormali tendenze del figlio. Allorché quest'ultimo viene sbranato dai maiali, i due industriali possono finalmente brindare al loro accordo di collaborazione...
SCHEDA FILM

Regia: Pier Paolo Pasolini

Attori: Pierre Clémenti - Il cannibale, Franco Citti - Secondo cannibale, Ninetto Davoli - Un Giovane/Maracchione, Luigi Barbini - Il soldato, Jean-Pierre Léaud - Julian, Anne Wiazemsky - Ida, Alberto Lionello - Klotz, Margarita Lozano - Signora Bertha Klotz, Ugo Tognazzi - Herdhitze, Marco Ferreri - Hans Gunther, Sergio Elia - Un domestico

Soggetto: Pier Paolo Pasolini

Sceneggiatura: Pier Paolo Pasolini

Fotografia: Tonino Delli Colli, Armando Nannuzzi, Giuseppe Ruzzolini

Musiche: Benedetto Ghiglia

Montaggio: Nino Baragli

Scenografia: Danilo Donati

Costumi: Danilo Donati

Altri titoli:

PORCHERIE

PIGSTY

PIGPEN

Durata: 98

Colore: C

Genere: SURREALE DRAMMATICO

Specifiche tecniche: 35 MM (1:1.85) - EASTMANCOLOR

Produzione: GIAN VITTORIO BALDI PER IDI CIN.CA, I.N.D.I.E.F., I FILM DELL' ORSO

Distribuzione: I.N.D.I.E.F. - VIVIVIDEO, PANARECORD

NOTE
- PRESENTATO ALLA XXX MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA (1969).

- VERSIONE RESTAURATA A CURA DELLA CINETECA DI BOLOGNA, IN COLLABORAZIONE CON COMPASS FILM.

- LA REVISIONE MINISTERIALE DEL 07/03/2022 HA ABBASSATO IL DIVIETO DI VISIONE DA 18 AI 14 ANNI.
CRITICA
"Due storie combaciate a forza, l'una corrusca e truce, nello stile barbaro di 'Edipo re', che trae qualche motivo suggestivo dal mitico paesaggio etneo ma dove non c'è nessun nuovo elemento di commozione, nonostante l'impegno dell'interprete, e per di più c'è confusione di racconto; l'altra, di intenzione ironica e tragicomica, corrosa da un dialogo letterario degno del secentista più forsennato, in cui si coglie soltanto l'irrisione antitedesca. (...) È proprio la grazia visiva che questa volta viene a mancare a Pasolini, l'intensa dolcezza dell'immagine, il dono antico. Tutto l'episodio etneo è elementare fino al semplicismo, oltreché poco perspicuo, e di converso l'aneddoto germanico è d'una sofisticheria petrarchista che non rinunzia nemmeno al vezzo di far parlare i personaggi in versi. Mischiate il barbaro da cartolina al lezioso da opera buffa, aggiungetevi l'immancabile dose di svolazzi di Ninetto Davoli, una stranita Margarita Lozano, e tutta la struttura figurativa si sfilaccia in un catalogo di eclettiche prove, come quella drammatica era andata distrutta nell'abbraccio fra la sentenziosità alla Brecht e i capricci alla Godard (...)." (Giovanni Grazzini, 'Corriere della Sera', agosto 1969)

"S'alternano, in montaggio parallelo con convergenza finale, due storie, l'una a far da specchio all'altra: l'"apocalittica" o arcaica e la "tedesca" o moderna.(...) La prima ha il cupo e chiuso orrore di una saga di tensione epico-lirica; la seconda è in chiave ironico-satirica con cadenze di operetta morale. L'una è consegnata a un violento silenzio, rotto da grida, lamenti, rumori; l'altra s'affida alla parola in un fitto e caustico dialogo, persino in couplets dalle rime baciate. Morale della favola: la società organizzata è un porcile in cui si ripete storicamente la tendenza (necessità) a distruggere i propri figli ribelli o indifferenti che si rifiutano di accettare l'ordine costituito." (Morando Morandini, 'Dizionario dei film', Zanichelli)

"(...) 'Porcile', manco a farlo apposta, è il miglior film di Pasolini dopo 'Accattone' e 'La Ricotta'. Ma ha il torto di affrontare un tema tra i più importanti del mondo moderno: l'impossibilità per l'individuo dissenziente o anche semplicemente "diverso" di esprimersi e di vivere in società corrotte (altri dicono alienate) che creano i tabù per difendere non già la cultura (come le società primitive) ma gli interessi. Col risultato, alla fine, di sopprimere la cultura.
In 'Porcile' ci sono due storie alternate e complementari. (...) Il carattere unitario del film deriva soprattutto dall'incastro perfetto degli elementi che lo costituiscono. Da una parte una società tradizionale costringe il "diverso" al cannibalismo; dall'altra una società cannibalesca costringe il "diverso" alla zoofilia. In ambedue i casi quello che conta non è il carattere della società ma il fatto che ci sia una società. 'Porcile' non ha gli sbalzi dannunziani tra mitologia e naturalismo di 'Edipo Re'; né le compiacenze formali e le sforzature ideologiche di 'Teorema'. È un film coerente, ispirato, realistico.(...) Ma si veda com'è pasoliniano il film, e del migliore Pasolini, del più lucido e del più pietoso.Il cannibalismo, qui è visto senz'ombra di morbosità, come una catastrofe morale e storica." (Alberto Moravia, 'Al cinema', Bompiani 1975)