Paura

3/5
L'orrore secondo i Manetti. Tra "torture-movie" e Hoffman, con la convincente ambiguità di Servillo

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ITALIA 2012
Roma. Marco, Simone e Ale sono amici da tanti anni e vivono in un quartiere di periferia dove non succede mai nulla. Finché, i tre amici si ritrovano in mano le chiavi della bellissima villa del Marchese Lanzi, un tipo strano, ricchissimo collezionista d'auto d'epoca e cliente dell'officina dove lavora uno di loro. Marco, Simone e Ale decidono di godere a pieno dei lussi della villa, compresa, ahi loro, la cantina...
SCHEDA FILM

Regia: Marco Manetti, Antonio Manetti

Attori: Peppe Servillo - Marchese Lanzi, Francesca Cuttica - Sabrina, Domenico Diele - Ale, Lorenzo Pedrotti - Simone, Claudio Di Biagio - Marco, Antonio Tentori - cameo

Soggetto: Marco Manetti, Antonio Manetti

Sceneggiatura: Marco Manetti, Antonio Manetti, Giampiero Rigosi, Michele Cogo

Fotografia: Gian Filippo Corticelli

Musiche: Pivio

Montaggio: Federico Maria Maneschi

Scenografia: Noemi Marchica

Costumi: Patrizia Mazzon

Effetti: Sergio Stivaletti

Suono: Valentino Giannì

Altri titoli:

Paura in 3D

L'ombra dell'orco in 3D

Durata: 108

Colore: C

Genere: HORROR

Produzione: MANETTI BROS. FILM, PEPITO PRODUZIONI, DANIA FILM, VISION PROJECT, IN COLLABORAZIONE CON MEDUSA FILM, SKY CINEMA, MEDIASET PREMIUM

Distribuzione: MEDUSA

Data uscita: 2012-06-15

TRAILER
CRITICA
"Ci vuole molto coraggio a definire ancora i Manetti Bros. un «caso», specie con questo horror 3D, summa di luoghi comuni con un rap che esclude il buon cuore ed evoca l'ombra di un orco. Il racconto procede a sbalzi sociali coi proletari che invadono la villa di un marchese che non ha solo il vizio delle auto d'epoca. Peppe Servillo sconta il peso del 'vilain' che tiene in cantina un ostaggio incatenato e torna quando i tre ragazzotti meno se l'aspettano facendo così iniziare, dopo 50 minuti di sbadigli, il film." (Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 15 giugno 2012)

"Pur sempre minoritario nel nostro cinema, durante gli anni 60 I'horror italiano ebbe la funzione di introdurre sullo schermo le pulsioni sessuali e le perversioni con i film di Bava, Margheriti e altri piccoli maestri della serie B. Non bisogna andare troppo in là per cercare i referenti dei Manetti Bros., al secolo Marco e Antonio Manetti: uno dei personaggi di 'Paura', Simone, segue una lezione universitaria dove il professore illustra la poetica di Mario Bava, 'sdoganato' ormai anche dalla cultura accademica. (...) Dopo la lunga introduzione, necessaria a installare i personaggi, il tasso di suspense si mantiene a un buon livello fino alla conclusione. I Manetti mostrano di aver imparato bene la lezione di Bava e del primo Argento, anche se (la serie di 'Shaw' non è passata a caso) aggiungono alla ricetta tradizionale una dose di splatter." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 15 giugno 2012)

"'Paura 3D' non è solo il miglior film dei romanissimi Manetti Bros., ma anche il miglior horror o «de paura», come diceva Rocco Smitherson, girato in Italia in questi ultimi anni. (...) La prima parte del film, più di 40 minuti, è decisamente giocata sui ragazzi e sulle loro battute, prima nella notte romana, poi dentro la villa dove hanno imboccato non sapendo cosa troveranno. La seconda metà, invece, è interamente giocata sull'horror e sul terrore, con punte sempre più splatter (gli effetti sono di Sergio Stivaletti) e sanguinolenti, ma dove la vera paura trionfa nell'uso dello schermo nero in 3D con pochi elementi a vista e nella musica di Pivio. Rispetto a quello che si è visto negli ultimi tempi in Italia, penso al pur interessante 'Shadow' di Federico Zampaglione, ma anche rispetto al già citato 'Zora', siamo qui a un livello di costruzione totalmente superiore, dove non solo non si sentono mai i limiti del budget (forse anche grazie al 3D), ma ci si fa addirittura forza dell'italianità, anzi della romanità della storia. Invece di espandere l'immersione nel genere in chiave internazionale (si poteva girare in inglese alla Balagueró, pensando a un pubblico più vasto), i Manetti radicalizzano il loro horror nella romanità del rap e del pischellume, seminando di battute coatte anche i momenti più hard ...) e contemporaneamente recuperano la grande tradizione italiana di Argento e di Bava, addirittura citato nella prima parte del film da un dotto professore di cinema all'università (cameo del critico Antonio Tentori). Divertente nella prima parte e davvero pauroso nella seconda, il film è totalmente indirizzato ai pischelli che non vedono tv e si fanno di web series e a un pubblico che non vuole prodotti anonimi e senza stile. C'è qualche ingenuità, qualche lunghezza di troppo, qualche battuta inutile, ma nel complesso funziona, gli attori, soprattutto Francesca Cuttica e Domenico Diele sono bravi, e, dieci anni dopo il flop di 'Zora la vampira', i Manetti sembrano riprovarci con maggior consapevolezza aprendo finalmente la strada a un ritorno rigoroso di un genere che sapevano fare così bene e che ci ha reso popolari nel mondo." (Marco Giusti, 'Il Manifesto', 15 giugno 2012)

"E bravi i Manetti Bros. I fratelloni romani dei video hip-hop de Er Piotta, del basso budget e cinema di genere, vengono da un anno frenetico: prima fantascienza con 'L'arrivo di Wang', poi thriller dagli effetti horror con 'Paura 3D'. Alla base di entrambe le pellicole: tanta satira. (...) Alcuni con gli anni si ammorbidiscono. Per Marco (44 anni) ed Antonio (42) è il contrario: più velenosi, più bravi. Forse solo troppo prolissi." (Francesco Alò, 'Il Messaggero', 15 giugno 2012)

"I Manetti Bros. puntano sull'horror e il suo ingrediente primo, la paura, in versione stereoscopica. Paura 3D, dunque, e tre ragazzi di borgata che si scrollano di dosso la noia in una villa di lusso, quella del marchese Lanzi (Peppe Servillo), ricchissimo collezionista d'auto d'epoca. Problema, è davvero partito per il fine settimana? La risposta in cantina, dove la rispettabilità borghese rivela il sepolcro imbiancato: reclusione, tortura, sadismo e ossessione. Antonio e Marco non si e ci fanno mancare nulla, sporcando di sangue il divertimento. Sfortunato quel paese che ha bisogno di autori: se lo sono, i Manetti non lo fanno, e al netto di ruvidezze artigianali, sceneggiatura a tirar via e qualche vezzo gggiovane continuano la loro guerra per il genere." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 14 giugno 2012)