LA VITA DI SCORTA

ITALIA 1985
Gloria, una bella ragazza, studentessa di psicologia, abbastanza compresa ed amata dai suoi genitori, ha un grosso problema: è una tossicomane. Incontra Mario, autore di sceneggiature che lavora in coppia con Alfio. Tra i due nasce l'amore; ma il loro è un rapporto difficile, lei di carattere debole e incostante dedita alla droga con amicizie molto ambigue e pericolose, lui in cerca di un vero legame dopo la morte della prima moglie Monica. Mario cerca di aiutare la ragazza, tenta di allontanarla dal giro dell'eroina, sembra riuscirci. Ad aiutarlo in quest'ardua impresa ci sono pure Alfio e sua moglie Marta che stanno attraversando una piccola crisi familiare. Poiché Gloria crede che Mario ami sempre Monica ricade nel suo vizio e ritorna da Aldo suo primo amore che l'ha iniziata alla droga. Mario non può farci niente e il loro rapporto termina bruscamente. Dopo vario tempo si incontrano di nuovo in un locale: Gloria non si droga più, è guarita, ha avuto nuove esperienze sentimentali, sta per laurearsi. Mario ha avuto successo con le sue sceneggiature ed ha un'altra donna al suo fianco. Gloria è riuscita con le sue sole forze a vincere l'eroina poiché ha capito che non aveva a sua disposizione una vita di scorta.
SCHEDA FILM

Regia: Piero Vida

Attori: Anna Galiena - Marta, Manuela Torri - Gloria, Bruno Corazzari - Alfio, Jean Boissery - Mario, Urbano Barberini, Enrica Maria Scrivano, Vanessa Tamburi, Anna Orso, Piero Vida, Stefano Angeloni

Soggetto: Piero Vida

Sceneggiatura: Piero Vida

Fotografia: Angelo Bevilacqua

Musiche: Francesco Verdinelli

Montaggio: Angelo Nicolini, Graziana Quintalti

Durata: 93

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Specifiche tecniche: PANORAMICA A COLORI

Produzione: ATT. ASS. COOPERATIVA

Distribuzione: SELVAGGIA FILM (1986)

CRITICA
"Ancora un film sul flagello della droga, che miete tante vittime tra i giovani d'oggi. Piero Vida, che vanta all'attivo una considerevole attività in campo televisivo e cinematografico come attore, con quest'opera, presentata lo scorso settembre alla Mostra del cinema di Venezia, nell'ambito della sezione 'De Sica', affronta questo grave problema senza compiacimenti e senza falsi moralismi, cercando di capire il più possibile le radici di questo male. (...) Si può dunque smettere realmente - dice il regista - nonostante tutti i personaggi (che sono persone drogate) affermino il contrario. L'impossibilità non esiste. Film coraggioso questo, di Piero Vida, che scandaglia all'interno di un dramma sociale che ormai interessa milioni di persone (in prevalenza giovani) e che potrebbe aprire uno spiraglio su come sia possibile oggi uscire dalla spirale dell'eroina." ('Il Tempo', 21 Giugno 1986)

"Le liti in famiglia e le crisi notturne, gli sbalzi d'umore e le cattive amicizie, le promesse, le menzogne, le ricadute e tutti i personaggi che gravitano intorno alla protagonista, sono infatti osservati nella loro nuda quotidianità, senza nessuna esasperazione drammatica o sensazionalistica. A questa semplicità, al tono dimesso ma sincero con cui vengono rappresentati i piccoli espedienti, la piccola mitologia di cui si alimenta la tossicomania, si deve probabilmente l'aspetto più riuscito del film, ovvero il suo sfondo. Meno convincenti invece sono le figure in primo piano, e se Manuela Torri sa spesso essere toccante, la dinamica dei suoi rapporti con Jean Bosséry appare qua e là piuttosto sfocata, mentre meccanica risulta l'altra coppia (Anna Galiena e Bruno Corazzari: ma è un problema di sceneggiatura) che fa loro da contrappunto. Restano la fedeltà, tutto sommato, dell'ambientazione (quei dialoghi post-sincronizzati, però...); la mano già più sicura di Vida alla sua seconda regia; e l'ostinazione grazie alla quale è riuscito a girare questo film concepito (e giustamente ambientato) qualche anno fa." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 Giugno 1986)

"Nei fatti è la sceneggiatura a far acqua, e con essa lo stile, sempre incerto tra dramma familiare e testimonianza dall'interno. Si vede benissimo che Vida tiene al suo film, che vi ha messo dentro esperienze e ricordi dolorosi eppure tutto ciò non basta a scuoterci, a farci riflettere sui meccanismi della dipendenza. È come se la verità delle situazioni si sbriciolasse di fronte a certe battute ('Sei come Peter Pan, non vuoi diventare grande') recitate con enfasi para-televisiva. Il personaggio centrale di Gloria, ad esempio, non ha lo spessore drammatico-simbolico che Vida voleva attribuirgli. Anche più gratuito risulta quel giovane sceneggiatore vedovo alle prese con un film sulla droga che, dopo aver cercato faticosamente di strappare la ragazza all'ossessione dell'ago, dà forfait e si fidanza con un altra. Per non parlare delle figurine di contorno, dal produttore che pensa alla hollywoodiana alla moglie frustrata. Per fortuna il film non cade mai nella pornografia del buco, stempera il gergo tipico, rinuncia a quel corredo di nozioni tecniche tipico di certo cinema sulla droga. È un atto di sensibilità, anche se, volendo semplificare ad ogni costo le ragioni del tossicomane, Vida finisce egualmente col moraleggiare. Proprio come quei cineasti che criticava." (Michele Anselmi, 'L'Unità', 22 Giugno 1986)