I segreti di Osage County

August: Osage County

4/5
Ritratto di famiglia con attori super. Dalla pièce premio Pulitzer di Tracy Letts

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USA 2013
Le vicende delle risolute e caparbie donne della famiglia Weston, le cui vie si sono separate finché una crisi familiare non riporta tutte nella casa del Midwest in cui sono cresciute e dalla donna disfunzionale che le ha allevate.
SCHEDA FILM

Regia: John Wells

Attori: Meryl Streep - Violet Weston, Julia Roberts - Barbara Weston, Ewan McGregor - Bill Fordham, Chris Cooper - Charles Aiken, Abigail Breslin - Jean Fordham, Benedict Cumberbatch - 'Little' Charles Aiken, Juliette Lewis - Karen Weston, Margo Martindale - Mattie Fae Aiken, Dermot Mulroney - Steve, Julianne Nicholson - Ivy Weston, Sam Shepard - Beverly Weston, Misty Upham - Johnna, Newell Alexander - Dott. Burke

Soggetto: Tracy Letts - comemdia

Sceneggiatura: Tracy Letts

Fotografia: Adriano Goldman

Musiche: Gustavo Santaolalla

Montaggio: Stephen Mirrione

Scenografia: David Gropman

Arredamento: Nancy Haigh

Costumi: Cindy Evans

Durata: 119

Colore: C

Genere: DRAMMATICO COMMEDIA

Specifiche tecniche: PANAVISION PANAFLEX MILLENNIUM XL2, (2K)/SUPER 35 (3-PERF) STAMPATO A 35 MM/D-CINEMA (1:2.35)

Tratto da: commedia premio Pulitzer "Agosto, foto di famiglia" di Tracy Letts (Ed. BUR Rizzoli)

Produzione: STEVE TRAXLER, JEAN DOUMANIAN, GEORGE CLOONEY, GRANT HESLOV PER JEAN DOUMANIAN PRODUCTIONS, SMOKEHOUSE PICTURES, IN ASSOCIAZIONE CON BATTLE MOUNTAIN FILMS E YUCAIPA FILMS

Distribuzione: BIM (2014)

Data uscita: 2014-01-30

TRAILER
NOTE
- CANDIDATO AI GOLDEN GLOBES 2013 PER: MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (MERYL STREEP, NELLA CATEGORIA FILM MUSICAL/COMMEDIA) E NON PROTAGONISTA (JULIA ROBERTS).

- CANDIDATO ALL'OSCAR 2014 PER: MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (MERYL STREEP) E NON PROTAGONISTA (JULIA ROBERTS).
CRITICA
"Di fronte a un film come 'I segreti di Osage County' la tentazione è quella dell'ipercriticismo. Un testo teatrale (questo di Tracy Letts è stato premiato col Pulitzer nel 2008) mette sempre un po' sul chi vive lo spettatore con ambizioni «cinefile»: la preminenza della parola rischierebbe di soffocare le ragioni della messa in scena. Il nome del regista, poi, non aiuta: John Wells ha un grande passato come produttore e sceneggiatore in tv ('E.R.', 'West Wing', 'Squadra emergenza') ma finora aveva diretto un solo film ('The Company Men', 2010) mai arrivato nei cinema italiani. Poi i due precedenti testi teatrali di Letts adattati al cinema - 'Bug' e 'Killer Joe' - si erano fatti notare soprattutto per merito del regista che li aveva portati sullo schermo, William Friedkin. E se la «grande prova di recitazione» può funzionare sui membri dell'Academy (che infatti hanno nominato per i prossimi Oscar Meryl Streep e Julia Roberts) rischia l'effetto opposto su chi si rivela allergico all'over acting (per principio? per anagrafe? per gusto?), magari disposto a digerire l'eccesso di effetti speciali e tecnologie digitali ma non le dimostrazioni di bravura... L'equilibrio di questo film, invece, si regge tutto sulla forza del cast e la giustezza del testo, che per una volta dimentica gli «eccessi» delle opere precedenti (la paranoia del reduce di guerra che contagia la donna che l'ha accolto; la famiglia di mostri e mentecatti che assoldano un killer) e il loro cinismo un po' caricaturale per privilegiare lo scavo psicologico nella disfunzionalità di una famiglia piccolo borghese. A cui un gruppo di attori tra il bravo e il bravissimo sanno restituire una credibilità che resta a lungo nella memoria. (...) la scrittura di Letts non cade mai nell'eccesso o nella ridondanza, sa fermarsi prima di diventare troppo sottolineata e accende nello spettatore la scintilla dell'interesse e della riflessione. Il testo (e quindi il film) non cerca di collegarsi alla grande tradizione hollywoodiana del melodramma familiare (quello che Bette Davis o Joan Crawford avevano reso immortali) perché oggi il cinema non sarebbe più credibile nel sintetizzare in due ore di spettacolo storia e dramma, passione e sociologia. Piuttosto prova a scavare nelle zone oscure che ognuno si porta dentro, nel non-detto e nel rimosso, «accontentandosi» (ma non è una 'diminutio') di portare alla luce quelle contraddizioni e quelle ambiguità che finiscono per rendere la vita difficile e aspra. Un gioco di «svelamenti» che il gruppo di attori e attrici in scena rende con grande bravura. La Streep, che per questa prova si è conquistata la sua diciottesima nomination, si permette perfino di recitare tutta una scena con gli occhiali neri, la Roberts regge il confronto con grande intensità. E gli altri non sfigurano certo. Con una citazione particolare per Margo Martindale che per una volta si lascia alle spalle le caratterizzazioni di tutta una carriera. E Wells in tutto questo? Forse è davvero l'anello più debole della catena. La sua regia è decisamente di «servizio», attento a servire nel modo migliore le prove dei suoi attori (la cui resa è comunque anche merito suo). Ogni tanto si notano piccole idee, più di ambientazione che di autentica messa in scena (come il filo spinato che alla fine scorgiamo sovrastare significativamente la cancellata della casa) ma in un film che si svolge nelle giornate più calde dell'anno, un più concreto e «tangibile» senso del caldo e dell'umidità non avrebbe stonato. È da queste cose che si vede la marcia in più del regista, e Wells quella marcia non è ancora capace di ingranarla." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 29 gennaio 2014)

"(...) Perché elencare così dettagliatamente tutti i membri del cast? Perché 'I segreti di Osage County' è basato interamente sui suoi interpreti. L'intreccio di famiglia disfunzionale, in fondo, non ha molto di nuovo da offrire; anche se il dramma di Tracy Letts da cui il film è tratto ha ricevuto il Premio Pulitzer: siamo dalle parti del buon, vecchio melodramma familiare americano, tra le atmosfere accaldate alla Tennessee Williams e i giochi-al-massacro di Edward Albee. Vero è che Letts, il quale ha curato anche la sceneggiatura della versione per lo schermo, si è raccomandato di introdurre nella pellicola i paesaggi (possibilità negata al teatro), secondo lui fondamentali alla comprensione della storia. E il regista John Wells lo ha fatto scrupolosamente, deciso a trasmetterci quel senso incombente di soffocante estate calda. E tuttavia il nerbo drammaturgico sono le scene d'interni (soprattutto quella del pranzo), dove si sviluppa la dinamica tra i vari personaggi e vengono fuori rivelazioni sepolte sotto la sabbia, come la vera paternità di uno dei personaggi o l'inevitabile divorzio di Barbara e Bill. Insomma, nulla di veramente nuovo sotto il sole, né di così straordinario. E torniamo allora al vero senso del film, che si riassume nel cast chiamato a interpretarlo. Di fronte a esso la regia di Wells fa un passo indietro, lasciando agli attori il compito prevalente. Qui bisogna apprezzare - e non è la solita formula di circostanza - il gioco di squadra, l'impegno di gruppo; nonché un'equa distribuzione delle parti. Ogni 'carattere', infatti, ha il suo momento di gloria, senza che nessuno rubi la scena agli altri per un tempo eccessivo. A questo punto, però, si pone un problema. D'accordo che, agli Oscar (contrariamente a ciò che accade, talvolta, nei festival), non si può premiare come miglior attore un intero cast. Ma limitiamoci a Meryl Streep e Julia Roberts, titolari delle parti di maggiore rilievo in quella specie di psicodramma collettivo che è il film. Con quale criterio la prima ha avuto la nomination come 'migliore attrice protagonista', mentre alla Roberts è toccata quella come 'migliore attrice non-protagonista'? Qualcuno, davvero, dovrebbe avere la cortesia di spiegarcelo." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 30 gennaio 2014)

"Dodici protagonisti, fra cui vari premi Oscar. Una grande famiglia del Sud, dunque matriarcale, riunita intorno a una morte che sa di suicidio. Un aggrovigliata matassa di ricordi, miserie, piccoli e enormi segreti, destinati a deflagrare uno dopo l'altro con perfetto tempismo, anche grazie alla calura di agosto in Oklahoma (la commedia di Tracy Letts, premio Pulitzer e sceneggiatore del film, si intitola 'August: Osage County', ma Rizzoli la pubblica come 'Agosto, foto di famiglia'). (...) Tutto questo basta a fare un film solido, a tratti perfino avvincente, malgrado l'impianto iperteatrale, perché i personaggi sono ben disegnati e ricchi di chiaroscuri. Non basta a fare un gran film. Perché il testo di Letts diventasse cinema ci voleva un Altman, un regista capace di lavorare sul tempo e di estrarre mistero da ogni figura, ogni scorcio, ogni parola. John Wells e i suoi (ottimi) attori fanno il contrario, cadendo in flagrante 'overacting'. Qui ogni emozione, ogni ricordo, ogni dettaglio della vita dei protagonisti, compresi quelli taciuti o rimossi, e a maggior ragione ogni colpo di scena, viene sviscerato, espresso, articolato, rappresentato in tutta la sua drammaticità dagli attori. Così però il pathos resta esteriore, un puro prodotto di bravura. E l'ammirazione, fatalmente, vince sull'emozione." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 30 gennaio 2014)

"Pur se il drammaturgo (e attore, è lui il senatore Lockhart di 'Homeland') Tracy Letts, classe 1965, ama tingere la tragedia con tocchi di black comedy e mettere in sordina la vena lirica, è chiaro che la pluripremiata pièce 'August: Osage County', snellita di circa un'ora per lo schermo (e senza alcun danno) dall'autore stesso, rientra in pieno nella tradizione del grande dramma americano, da O'Neill a Williams ad Albee. Anche qui si tratta di un testo che gioca a decostruire un tessuto familiare - sorta di metafora della decadente realtà del paese - svelandone foschi retroscena e sottaciute verità; anche qui abbiamo esseri forti e distruttivi che determinano il destino di altri più fragili e sensibili. E poi c'è, decisivo, il fattore ambientale. Osage County è ambientato nei pressi di Tulsa, in Oklahoma dove Letts è nato, e il desolato paesaggio delle pianure, creando «uno stato d'animo, un'afflizione dello spirito come il blues», concorre a plasmare situazioni e personaggi: il padre Sam Shepard (autorevole cammeo), poeta alcolista in occasione del cui suicidio il clan si riunisce; la madre dominatrice Meryl Streep (impeccabilmente manieristica, e per la 18esima volta candidata all'Oscar) che, con il pretesto del cancro, si imbottisce di pillole; le tre figlie - Julianne Nicholson rimasta a sacrificarsi accanto ai suoi, Julia Roberts (asciutta e grintosa, nominata come attrice secondaria) sopraggiunta dal Colorado con il marito Ewan McGregor in via di lasciarla, e Juliette Lewis venuta dalla Florida con l'ennesimo compagno inaffidabile (Dermot Mulroney); e, infine, Margo Martindale, sorella della Streep, con il coniuge Chris Cooper (formidabili) e il figlio complessato Benedict Cumberbatch. Un concertato di classe che il regista John Wells guida con finezza a servizio di un testo sulle illusioni infrante. Nello sfondo si staglia la figuretta della badante, indiana cheyenne e vera nativa, portatrice di valori fermi e ancestrali." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 30 gennaio 2014)

"Duello in Oklahoma. Meryl e Julia si accapigliano sullo schermo per esigenze di copione e idealmente per accaparrarsi ciascuna la propria statuetta. E in effetti 'I segreti di Osage County' ('August: Osage County') - proiettato in anteprima a «Capri-Hollywood», la cui ultima edizione ha radunato quasi tutti i titoli protagonisti della prossima notte degli Oscar - si basa sulle recitazioni, non solo quelle delle superwomen, ma anche del resto del cast impegnato a trasferire sullo schermo gli aspri dialoghi dell'omonima e pluripremiata pièce di Tracy Letts. Mai come in questo caso, del resto, è possibile collocare il film nel genere del cinema hollywoodiano riservato ai melodrammi familiari e marcato da grandi autori di teatro come Williams e Albee che raggiunse i suoi vertici tra gli anni '50 e '60 con i vari 'Come le foglie al vento', 'A casa dopo l'uragano', 'Chi ha paura di Virginia Woolf?' e 'Che fine ha fatto Baby Jane?'. (...) Quando il patriarca malmesso e alcolizzato decide di farla finita scomparendo nelle acque del lago, le tre figlie ormai pressoché estranee l'una all'altra sono costrette a riunirsi per il funerale: la maggiore Barbara (Roberts, mai così ringhiosa e sfiorita) è esacerbata dal matrimonio agli sgoccioli e dal comportamento torbido e ostile della figlia adolescente; Ivy (Nicholson) si è sacrificata sino al masochismo per accudire gli indocili genitori; Karen (Lewis) è una garrula sciacquetta puntualmente delusa dagli uomini a cui non smette d'aggrapparsi. Un balletto, insomma, di personaggi disfunzionali, sormontato dalla figura della «mammina cara» (la Streep, si sa, incarnerebbe senza battere ciglio anche la parte della strega) il cui stato miserando non mitiga e anzi incrementa gli show di parossismo distruttivo culminanti in una cena-show di 25 minuti e un corpo a corpo con Barbara - più coprotagonista che non protagonista come, invece, decretano le nomination - a metà strada tra il sublime e il grottesco. E sta proprio qui la debolezza di regia che, sorvolando troppo sulle sfumature scenografiche e ambientali (il caldo che arroventa animi e corpi, per esempio non si percepisce per niente) lascia, in pratica, liberi i mattatori di procedere scontrandosi, sovrapponendosi, miscelandosi ora efficacemente ora in overdose virtuosistica fino al punto di fare diventare la dark-comedy enfatica, ripetitiva e a tratti addirittura noiosa." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 30 gennaio 2014)

"Man mano che le liti si sommano, senza risparmiare nessuno, emergono i segreti della famiglia Weston, un nido di vipere degno dei mélo sudisti di Tennessee Williams o dei drammi urbani di Arthur Miller. Tracy Letts, già sceneggiatore del notevole 'Killer Joe' di William Friedkin, è un drammaturgo (oltre che un attore). L'origine teatrale del testo è evidente, le unità aristoteliche sono perfettamente rispettate, i (metaforici) fucili mostrati nel primo atto sparano tutti nell'ultimo rispettando anche la lezione di Cechov. Ci sono modelli illustri, dietro 'Osage County'. E sono quasi tutti ovvi, dando al film una fortissima impressione di «già visto». L'unica cosa parzialmente originale è l'ambientazione: l'Oklahoma, e le pianure centrali in genere, non sono molto frequentate dal cinema americano al di fuori del genere western. Ed è vero che l'assoluta piattezza dello sterminato paesaggio è un elemento psicologico in più, come se i personaggi dovessero riempire con le proprie insopprimibili nevrosi un vuoto geografico che è anche esistenziale. Il titolo originale recita 'August: Osage County', come a sottolineare un fattore stagionale che si insinua sotto la pelle, e nella psiche, delle persone: fa un caldo opprimente, lungo tutto il film, e anche lo spettatore comincia a sudare. John Wells, il regista, è al secondo film per il cinema dopo 'The Company of Men' del 2010, ma ha un ricchissimo curriculum come produttore e regista televisivo (serie come 'E.R.' e 'West Wing'). Bisogna ammettere che fa di tutto per «aprire» la storia, per dare al paesaggio il ruolo che merita, ma quando si chiude in interni (per il 90% del film) si va sul teatro filmato. In casi del genere, il cast è tutto: e la produzione non ha badato a spese, circondando Meryl Streep con uno squadrone di star e di comprimari di lusso. Abbiate pazienza, se l'amate (noi non sempre ci riusciamo): è uno di quei film in cui la Streep è insopportabile, piena di tic e di trucchi del mestiere, e del resto il ruolo di una malata di cancro con la parrucca è di per sé un cliché. Julia Roberts le tiene testa ricorrendo, anche lei, al repertorio dei guitti. Paradossalmente ma non tanto, in un film «di donne» scritto da un uomo, i ruoli meno fastidiosi e più interessanti sono quelli maschili, e i migliori in campo sono due vecchi marpioni come Shepard e Cooper, capaci di stare sotto le righe e di lasciare la scena alle virago che li circondano. Bravissimo, come sempre, Cumberbatch, che cambia radicalmente registro rispetto al film su Assange, al suo Sherlock Holmes televisivo e alla voce del drago Smaug nella saga di 'Lo Hobbit'. Un signor attore, speriamo che il cinema non lo rovini." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 30 gennaio 2014)

"Tracy Letts è una figura importante della scena statunitense, drammaturgo, attore - ha vinto un Tony Award per la sua interpretazione in 'Chi ha paura di Virginia WolJ?' - tra i fondatori dello Bang Bang Spontaneous Theatre, sul palcoscenico ha frequentato anche Tennessee Williams ('Lo zoo di vetro') le cui atmosfere attraversano l'opera di Letts. Ma anche lui viene dal sud, è nato in Oklahoma, conosce il caldo soffocante e le pianure deserte, l'orizzonte infinito e immobile, disilluso e perduto, che respira aria secca e luce accecante. Letts è anche l'autore di 'Bug' e di 'Killer Joe' due successi straordinari - portati sullo schermo entrambi da William Friedldn. La storia del reduce del Golfo, che inietta la sua paranoia (ma è davvero tale?) nell'innocenza - sarebbe meglio dire nella mancanza di consapevolezza - della società americana, e quella della famiglia «disfunzionale» che assolda un killer (poliziotto) per ammazzare la mamma, ha dato vita a due capolavori. 'August: Osage County' con cui Letts ha vinto il Pulitzer, è avvolto nella stessa atmosfera polverosa di oppressione, ancora più evidente perché siamo nella «sua» Oklahoma. Se però Friedkin - da grandissimo regista quale è - reinterpreta quel vischioso sentimento di chiusura in una chiave di contemporaneità (soprattutto di immaginario) schizzata e schizofrenica, la sola cifra registica che dichiara John Wells in 'I segreti di Osage County' è un cast con direzione d'attori a misura di Oscar - difatti sia Meryl Streep che Julia Roberts sono candidate nella categoria migliore attrice protagonista e non protagonista. Il che qui si traduce in una recitazione debordante, in cui ogni dettaglio narrativo appare come un inevitabile stereotipo. (...) Ma quale sarà il segreto che ha distrutto tutti, quel male primario da cui tanta devastazione discende? La sola meschinità di Violet o qualcos'altro? Nulla viene risparmiato del catalogo, e per carità non è mica questo il punto. La cosa fastidiosa è che un intero «film» si pieghi a questa Recitazione, e francamente di quelle grida drammatiche ci si stanca presto, quasi subito direi, perché fini a sé stesse da diventare insopportabili. ps. consiglio di vedere 'Grey Gardens' di Albert e David Maysles. Come reinventare l'immaginario americano madre/figlia fuori di testa col cinema. Un capolavoro." (Cristina Piccino, "Il Manifesto", 30 gennaio 2014)

"Profondo Oklahoma o, se volete, no man's land. Una mater familias (Meryl Streep, wow!) tutta pillole, mania di controllo e cattiveria; la figlia più grande (Julia Roberts, brava) che le assomiglia, le tiene testa, eppure non c'è rimedio; la figlia di mezzo (Juliette Lewis) che si innamora sempre dell'uomo sbagliato; la figlia più piccola (Julianne Nicholson) che progetta di trasferirsi a New York con il cugino gigino (Benedict Cumberbatch). Sono le donne della famiglia Weston, hanno anche un marito e padre (Sam Shepard), ma l'altra metà del cielo, la loro, si prende tutto: matriarcato imperante, fatto di parole lancinanti, opere manchevoli e omissioni devastanti. È 'I segreti di Osage County', diretto da John Wells, prodotto da George Clooney e scritto dal fantastico Tracy Letts a partire dalla sua pièce omonima, già premio Pulitzer. Film di ottimi attori - ci sono anche Ewan McGregor e gli strepitosi zii Chris Cooper e Margo Martindale - e sapiente scrittura, manda agli annali qualche battuta muriatica e scotenna il politically correct: psicofarmaci e vecchi merletti, fatevi sotto." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 30 gennaio 2014)

"Piacerà a chi va matto per i giochi del massacro a teatro e al cinema. Naturalmente quando sono recitati da attori di gran livello. 'Osage county' naturalmente è servito benissimo. Se ne sono accorti, non potevano non accorgersene, i giurati dell'Oscar che hanno messo nelle fatidiche cinquine sia Meryl Streep che Julia Roberts. Entrambe già laureate, non hanno stavolta molte possibilità di affermazione, ma comunque tra le due divine è una bella lotta. E non saranno pochi quelli che a fine proiezione disputeranno: è meglio Meryl o Julia? Difficile stabilire. Nel corso delle ormai lunghe carriere entrambe sono state non di rado grandiose o irritanti. Qui la Streep riesce a essere (non per la prima volta) entrambe le cose. La Roberts invece si impone solo come grandiosa. Ha un ruolo meno vistoso e meno parlato, ma contrasta bene la debordante partner. Rinuncia alle abituali carinerie e offre una maschera dura, una tensione sotto pelle (dopotutto il personaggio è l'immagine speculare della detestata genitrice) di cui per 20 anni non avevamo avuto sospetti. Una nota in margine. I persona e maschili ci sono, ma tutti relegati sullo sfondo. Eppure l'autore è un maschio. Ma forse un maschio che ha capito che almeno in teatro è ormai la donna a fare dramma. O tragedia." (Giorgio Carbone, 'Libero', 30 gennaio 2014)

"Crudele e logorroico dramma di famiglia in un inferno. Accorrono i parenti nella grande villa in Oklahoma per i funerali del patriarca, morto suicida. Mamma Violet, in chemio per un cancro, accoglie le tre figlie, Julia Roberts, Julianne Nicholson e Juliette Lewis, con compagni e figli. Su, vogliamoci bene. Neanche per sogno. Che mal di testa con tutte quelle chiacchiere tra parenti serpenti. E per fortuna che la gigionissima Meryl Streep il tumore ce l'ha alla bocca." (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 30 gennaio 2014)

"Tutto in famiglia. Al caldo assassino di agosto e al fuoco virulento del gioco al massacro per soli legami di sangue. Un'estate in Oklahoma dove la pianura diventa uno stato d'animo scandito dalla sofferenza al ritmo di blues. Così almeno la presenta al visitatore chi era scappata da quella prigione. Lo spartito appartiene a una commedia per il teatro scritta da Tracy Letts, 'I segreti di Osage County', mandata sullo schermo (...) con la firma di John Wells e orchestrata su quanto rimane del più classico baluardo-architrave dell'America di ieri e di oggi mentre si avverte sempre più forte un senso di rovina e di sbandamento. Anche se è dentro a quel seno, paradossalmente soffocante e rassicurante di affetti e di rancori, che le identità possono ritrovarsi e, magari, affrontare un cambiamento epocale non meno minaccioso e letale di uno spaventoso uragano meteorologico. Tre sorelle, Barbara, Karen e Ivy Weston, debbono improvvisamente elaborare il lutto per il suicidio del padre scrittore. (...) Ma ci sono scheletri negli armadi da scoprire in modo da aggiungere altra legna del falò intorno al quale si sono radunati i 'parenti serpenti'. Se pensate che 'Osage County' sia solo un pezzo di palcoscenico con il cambio strutturale di costume, sbagliate. Perché, nonostante, la casa avita sia il luogo claustrofobico dove sfoderare i pugnali, reclama un ruolo da protagonista pure il paesaggio che la regia di John Wells non considera soltanto una cartolina da sbirciare dalla finestra e dal patio o da osservare nelle poche uscite del gruppo. L'Oklahoma partecipa al violento cozzo di caratteri con il suo clima che non concede nulla al raffreddamento dei duellanti. Così come la messa in scena rifiuta colpi d'ala per porre lo spettatore di fronte alla lotta, tenendosi a distanza di sicurezza, con l'oggettività di chi non sposa nessun punto di vista, ma lascia che i fatti e le parole svelino la propria morale. E' la famiglia nell'occhio del ciclone: le sue difese si sono rarefatte, la sua stessa ragione d'esistere, l'amore reciproco, messa in discussione. E' il tema di molto cinema americano che Wells raccoglie con il rispetto della pietà e della compassione. La sequenza della cena dopo il funerale è un pezzo di bravura, di ritmo, di ripresa e di montaggio. E, ovviamente, d'interpretazione. Perché è la recitazione uno dei 'segreti' di 'Osage County'. Non è un caso che Meryl Streep e Julia Roberts siano candidate all'Oscar. La mamma della Streep continuerà a tornarvi in mente nella miscela solforosa di pazza rivolta, cattiveria, disperazione, sarcasmo. La replica della Roberts è del medesimo taglio, con la durezza e la debolezza di una Barbara che si specchia in mamma Violet con il medesimo brivido di chi ha visto morire se stessa." (Natalino Bruzzone, 'Il Secolo XIX', 30 gennaio 2014)

"Puntualmente nel cinema americano c'è una commedia spinosa, ma morale, spesso edificante, sul «ritorno a casa» dei figli dai genitori per un funerale o un Ringraziamento, dove ribollono i segreti (già di Peyton Place) e le bugie (da cui si scappa). Questa è buona. Dura. Meryl Streep è al centro di un cast formidabile combinato sulla 'fotogenia di carattere': Julia Roberts, sull'orlo di una crisi di nervi come il suo collo, Juliette Lewis sempre a un passo dal «vaffa» trattenuto, Julienne Nicholson spaesata dai grandi occhi, figlie grate e ingrate in balia di colpi di scena previsti come in ogni famiglia, ma offerti da uno script riuscito (dalla commedia premio Pulitzer di Tracy Letts). L'Oklahoma vive come un personaggio." (Silvio Danese, 'Nazione - Carlino - Giorno', 31 gennaio 2014)