Callas Forever

SPAGNA 2002
Zeffirelli racconta gli ultimi tre mesi della vita di Maria Callas nel 1977. Prende a pretesto la visita di un immaginario impresario che in passato le ha organizzato varie tournèe. Lei, che vive sola in volontaria reclusione, dapprima accetta l'occasione per tornare alla ribalta, ma poi non torna più a cantare. (In realtà fu lo stesso regista a cercare davvero di convincerla a tornare sulle scene, ma la voce della Callas non era più la stessa e lei per prima non poteva accettarlo.)
SCHEDA FILM

Regia: Franco Zeffirelli

Attori: Fanny Ardant - Maria Callas, Jeremy Irons - Impresario Larry Kelly, Joan Plowright - Sarah Keller, Gabriel Garko - Marco/Don Jose', Jean Dalric - Gerard, Ignacio Paurici - Ignacio, Gabriel Spahiu - Reporter, Jay Rodan - Michael, Anna Lelio - Bruna, Manuel de Blas - Esteban Gomez, Stephen Billington - Brendan, Alessandro Bertolucci - Marcello, Olivier Galfione - Thierry, Roberto Sanchez - Escamillo, El Camborio - Coreografo, Achille Brugnini - Ferruccio, Justino Diaz - Scarpia

Soggetto: Franco Zeffirelli - idea

Sceneggiatura: Martin Sherman, Franco Zeffirelli

Fotografia: Ennio Guarnieri

Musiche: Alessio Vlad

Montaggio: Sean Barton

Scenografia: Bruno Cesari

Costumi: Alberto Spiazzi, Alessandro Lai, Anna Anni, Karl Lagerfeld

Effetti: Fabrizio Pistone, Claudio Napoli, Proxima Srl

Durata: 116

Colore: C

Genere: DRAMMATICO

Tratto da: idea di Franco Zeffirelli

Produzione: MEDUSA PRODUZIONE, CATTLEYA, FILM & GENERAL PRODUCTIONS (LONDRA), BUSINESS AFFAIR PRODUCTION LTD., FRANCE 2 CINEMA, GALFIN (PARIGI), MEDIAPRO PICTURES (BUCAREST), ALQUIMIA CINEMA (MADRID)

Distribuzione: MEDUSA DISTRIBUZIONE

Data uscita: 2002-09-20

NOTE
- GLI ABITI INDOSSATI DA FANNY ARDANT SONO STATI REALIZZATI DALLA MAISON CHANEL ISPIRANDOSI ALLE FAMOSE MISES INDOSSATE DA MARIA CALLAS.
CRITICA
"Tutto si potrà dire di 'Callas Forever', ma Zeffirelli almeno evita le soluzioni che sarebbero state più penose. Non cucina il solito 'biopic' all'americana tutto celebrità e pettegolezzi. Non azzarda il ritratto a tutto tondo, convocando testimoni ed epoche differenti per illuminare le diverse facce del personaggio. Né tantomeno si ripara dietro il mito della Callas rievocando gli anni dei suoi fasti. (...) Se il 'plot' di per sé fa acqua da tutte le parti, l'ambientazione è sciattissima, e le licenze storiche addirittura incredibili, quando la diva torna sulle scene si affaccia a tratti un'emozione imprevista. Molto si deve a Fanny Ardant, che dà alla sua Callas un impeto e un'adesione assolutamente commoventi. Ma forse sono anche gli unici momenti che stiano davvero a cuore a Zeffirelli, finalmente libero dalla curiosa cornice (auto)ironica che sorregge questo film candidato fin d'ora a 'cult' per le platee gay. In fondo, dice 'Callas Forever', la musica era l'essenziale (anche la colonna sonora di Alessio Vlad è la cosa più curata del film). Perché non concentrarsi su quella?". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 20 settembre 2002)

"Fondamentale, lasciare a casa i pregiudizi. Zeffirelli è l'unico cineasta su questa terra che poteva tentare un film sulla Callas. Zeffirelli è anche l'autore unico del cosiddetto 'zeffirellismo', che si ama o si odia. Intensamente alimentato dal marchio spettacolare dell'allievo scenografo di Visconti, ma in questo caso così scoperto che appare teneramente 'necessario', il film dice alcune cose importanti sull'impermanenza della musica, la variabilità dell'ascolto, la riproducibilità dell'arte, l'evanescenza della voce, la decadenza della cultura del melodramma e, forse, su Maria Callas, di cui si afferra non la cronaca, ma lapilli dell'arte, del carattere, della potenza tenebrosa e greca. Fanny Ardant scrive se stessa sul corpo fotografico della Callas, accettando la sfida (immensa) del primo piano doppiato. Non è un santino. Inventando un episodio della sua vita a un anno dalla morte, nel 'bicchiere mezzo pieno' Zeffirelli trova una via possibile all'impossibile". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 20 settembre 2002)

"La Callas evocata da Fanny Ardant con qualche cipiglio sopra le righe e qualche mestizia eccessivamente 'recitata', non è la Gloria Swanson wilderiana e il giovane sceneggiatore disoccupato è, qui, un impresario con codino che cavalca l'onda punk con una band dalle performance e dal nome metaforico. Ci sono alcuni personaggi di contorno messi lì come riempitivo. Molti dialoghi sono goffi e le scene madri, usate come 'romanze', non emozionano e mettono a disagio. Una 'Fedora' con playback". (Enrico Magrelli, 'Film Tv', 24 settembre 2002)